GLI USA CREANO UN NUOVO MECCANISMO UMANITARIO PER LE TRANSAZIONI CON L’IRAN

In data 25 ottobre 2019, il Dipartimento del Tesoro USA ha annunciato la creazione di un nuovo meccanismo umanitario (‘humanitarian mechanism’) finalizzato a garantire maggior trasparenza nel commercio con l’Iran di prodotti agricoli, cibo, medicine e dispositivi medici.

La normativa USA già prevedeva delle licenze generali umanitarie, che consentono ai soggetti statunitensi l’esportazione in Iran dei prodotti elencati sopra; il nuovo meccanismo, nelle intenzioni delle autorità statunitensi, mirerebbe a rafforzare i controlli e a impedire che fondi destinati ai bisogni umanitari del popolo iraniano vengano utilizzati per finalità terroristiche. Dal punto di vista statunitense, tale esigenza appare particolarmente rilevante a seguito della designazione della Banca centrale dell’Iran (CBI) ai sensi dell’Executive Order 13224 sul supporto al terrorismo.

Il meccanismo USA, ideato esclusivamente per il commercio con l’Iran di beni umanitari, può essere utilizzato sia da soggetti statunitensi ed entità straniere possedute o controllate da soggetti statunitensi, sia da entità non statunitensi.

Il nuovo meccanismo umanitario
Il meccanismo ideato dall’amministrazione USA consente alle banche non statunitensi che prestino assistenza finanziaria collegata a transazioni con l’Iran nel settore umanitario di ottenere una conferma in forma scritta dal Dipartimento del Tesoro USA che il canale finanziario utilizzato non è esposto al rischio delle sanzioni statunitensi; ciò a condizione che le banche non statunitensi si impegnino ad applicare misure rafforzate di verifica delle transazioni con l’Iran.
Nello specifico, il meccanismo umanitario prevede che i governi stranieri e le istituzioni finanziarie straniere aderenti forniscano mensilmente al Dipartimento del Tesoro tutte le informazioni relative alle transazioni con l’Iran aventi ad oggetto prodotti umanitari. Sulla base delle informazioni raccolte, il Dipartimento del Tesoro effettuerà le sue valutazioni, al fine di determinare se le transazioni soddisfino o meno gli obblighi di controllo rafforzati.

A seconda della natura delle transazioni, la documentazione e le informazioni che il Dipartimento del Tesoro e il Dipartimento di Stato USA potranno richiedere comprendono, inter alia:

  1. informazioni utilizzate per identificare i clienti iraniani e per verificare la loro identità e il titolare effettivo;
  2. informazioni utilizzate dalle istituzioni finanziarie (straniere e iraniane) per comprendere lo scopo e la natura del rapporto commerciale tra il venditore dei beni umanitari e il cliente iraniano;
  3. rendiconto mensile che riporti il valore, la valuta e la data del saldo del conto dell’istituto finanziario iraniano utilizzato per le transazioni umanitarie;
  4. elenco degli individui o delle entità iraniane designate nella SDN List con cui i clienti iraniani intrattengano rapporti commerciali;
  5. informazioni dettagliate riguardanti gli elementi commerciali e gli aspetti logistici della transazione umanitaria, ovvero:
    a. informazioni sui clienti, comprese le identità di tutti i destinatari e gli intermediari coinvolti nelle operazioni;
    b. informazioni sul cliente iraniano, sul venditore dei beni umanitari e sull’ordine di pagamento dell’istituto finanziario iraniano coinvolto nei contratti per la vendita di beni umanitari;
    c. importo e valuta della transazione;
    d. data della transazione;
    e. nomi di tutte le istituzioni finanziarie coinvolte;
    f. documentazione attestante l’esportazione e l’ingresso in Iran delle merci (es. polizze di carico, fatture, ecc.);
    g. identità del beneficiario;
    h. banca del beneficiario.
  6. documento sottoscritto dal distributore iraniano coinvolto nelle operazioni umanitarie in cui lo stesso si impegni a non consentire la vendita o la rivendita della merce a persone o entità iraniane designate, impegnandosi altresì a trasferire il medesimo obbligo anche ai propri clienti;
  7. ulteriori informazioni ottenute regolarmente nel corso della verifica rafforzata posta in essere dalle istituzioni finanziarie straniere per verificare la coerenza dell’operazione con gli scopi del canale umanitario.

Se, nel corso della dovuta diligenza rafforzata posta in essere dalle istituzioni finanziarie straniere, si scoprisse che i clienti iraniani hanno tentato, o sono sospettati, di un uso improprio del canale umanitario, la transazione sospetta dovrebbe essere immediatamente sospesa, con segnalazione, se del caso, al Dipartimento del Tesoro.

Se l’istituzione finanziaria straniera rilevasse che un cliente iraniano ha avuto (nei cinque anni precedenti) legami con entità o individui designati da USA, ONU o UE, l’istituto finanziario straniero dovrebbe fornire al Dipartimento del Tesoro tutte le informazioni relative alle eventuali modifiche relative a tali legami (ad esempio: cambiamenti nella titolarità effettiva o nella struttura di controllo del cliente iraniano).

Commento
Il meccanismo umanitario definito dagli USA impone alle banche non statunitensi che ad esso aderiranno indagini particolarmente onerose e obblighi stringenti di informazione, in cambio del beneficio di ottenere una conferma scritta da parte delle autorità statunitensi che le transazioni sono in linea con la normativa USA.

La mossa americana, che a nostro avviso mira da un lato a depotenziare Instex (almeno fino a che questo “innovativo” strumento europeo continuerà a volersi occupare solo di operazioni umanitarie, quindi conformi sia alla normativa UE sia a quella USA) e dall’altro a stendere sopra tutte le operazioni con l’Iran, nessuna esclusa, la longa manus americana, merita attenta considerazione sotto vari profili.

In primo luogo, dal punto di vista meramente politico, sul quale saranno Bruxelles (ma quale Bruxelles, la Commissione uscente o quella entrante?) e Roma a opinare, ma non pare revocabile in dubbio che con questa mossa Washington stia capitalizzando in modo ormai palese quel ruolo di “governatore e regolatore della finanza mondiale” che ha conquistato a colpi di mega-sanzioni alle banche internazionali e di de-risking universale (salvo Cina e Russia, ma quello è un altro discorso). Di fatto accettare la disclosure in cambio del bollino blu USA significa riconoscere apertis verbis che è Washington a regolare i flussi finanziari mondiali ora anche nella compliance. Non più Francoforte, non più Bruxelles, non più Roma.

Venendo poi ai profili più squisitamente tecnici, ci si chiede come e quanto sia compatibile questa self-disclosure nei confronti di un’autorità priva di ogni potestà legale sulle banche e istituzioni finanziarie non americane con la normativa in materia di privacy, con le regole contrattuali che legano la banca con il suo correntista e indirettamente (quantomeno a livello di possibile responsabilità extra-contrattuale) con il beneficiario, oppure anche con la normativa antiriciclaggio (che impone indagine diverse e comunicazioni riservate) e con la stessa normativa prudenziale domestica.

Se cominciamo a diffondere dati così invasivi a chiunque li chieda per rilasciare “certificati di buona condotta” non è chiaro comprendere dove e quando ci fermeremo e dove vada a finire quel poco di riservatezza e di fiducia reciproca che regge ancora la relazione tra banche e clientela.
Siamo a disposizione delle banche che vogliano studiare più attentamente questa nuova iniziativa USA, per aiutarle a valutare se e come eventualmente utilizzarla; di certo non ce la sentiremmo di suggerire a nessuno di “comprare a scatola chiusa” il regalo di Halloween di Mnuchin.

Scarica la nota preparata dall’Export Control Team dello Studio Legale Padovan, in formato pdf.