Le disposizioni sul processo tributario sono contenute nel D.lgs. 546/92 che, oltre a rinviare alle norme del Codice di procedura civile (e dunque anche all’art. 282 c.p.c. secondo cui “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti”), dispone una disciplina particolare per il pagamento del tributo in pendenza del processo. L’art. 68 del menzionato Decreto, infatti, dispone la provvisoria esecutività delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali, graduando la determinazione degli importi da versare in relazione all’esito della decisione.
In materia doganale, il comma 3bis – introdotto dalla L. 161/14 – del citato art. 68 prevede che “Il pagamento, in pendenza di processo, delle risorse proprie tradizionali (i.e. dazi), e dell’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione resta disciplinato dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, come riformato dal regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013 (n.d.r., il Codice Doganale dell’Unione – CDU), e dalle altre disposizioni dell’Unione europea in materia”.
In virtù di quanto previsto dall’art. 108 CDU, il maggior dazio dovuto deve essere corrisposto nel termine di 10 giorni dalla notifica degli atti di accertamento; in mancanza, questi ultimi diventano esecutivi anche in caso di ricorso da parte del contribuente innanzi alla Commissione tributaria provinciale.
Alla luce del quadro delineato, l’amministrazione doganale non riconosceva la provvisoria esecutività della sentenza di primo grado favorevole al contribuente e riteneva che questi fosse tenuto a versare i tributi contestati anche in caso di integrale annullamento dell’atto impugnato.
La sentenza n. 7346 del 17 marzo 2020 della Suprema Corte di cassazione ha invece confermato la provvisoria esecutività della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, ancorché non definitiva, anche in materia di dazi e IVA. Pertanto, qualora il giudice di prime cure accolga il ricorso annullando l’atto, le eventuali pretese erariali avanzate nell’atto di accertamento dalle Dogane non sono esigibili e il relativo atto di accertamento diventa inidoneo a qualsivoglia azione esecutiva da parte del Fisco.
Detto principio, tuttavia, non si estenderebbe allo svincolo delle garanzie prestate per il versamento dei diritti doganali da parte del contribuente. Ciò, in virtù di quanto disposto dall’art. 98 CDU secondo cui la garanzia non può essere svincolata finché l’obbligazione doganale per la quale è stata costituita “non sia estinta o non possa più sorgere”. Lo stesso dicasi per il rimborso delle maggiori somme esatte, che, nonostante l’annullamento (non definitivo) giudiziale del titolo, non può aver luogo finché l’obbligazione doganale non si sia estinta.
In detti casi, sarà dunque necessario attendere il passaggio in giudicato della sentenza.