Il 5 aprile, il Presidente Biden ha emesso l’ordine esecutivo “Executive Order on the Termination of Emergency With Respect to the International Criminal Court” con il quale sancisce la fine dello stato d’emergenza riguardante la Corte Penale Internazionale (CPI), dichiarato l’11 giugno 2020 con ordine esecutivo 13928. Ne consegue la rimozione del Procuratore Fatou Bensouda e del Capo della Divisione giurisdizione, complementarità e cooperazione Phakiso Mochochoko dalla lista SDN dell’OFAC. Il Dipartimento di Stato ha, inoltre, dichiarato che non eserciterà una politica restrittiva sull’ingresso al personale della Corte Penale Internazionale negli Stati Uniti, indetta dalla precedente amministrazione nel 2019.
Sebbene disconosca la giurisdizione della CPI sugli stati non parte del suo trattato costituente (i.e. il Trattato di Roma), come gli USA, e s’impegni a proteggere il personale statunitense da ogni tentativo di esercizio di tale giurisdizione, Biden riconosce che “la minaccia o l’imposizione di sanzioni contro la Corte, il suo personale e quelli che l’assistono non sono strategie efficaci e opportune per risolvere la questione tra Stati Uniti e CPI”.
L’ordine esecutivo rappresenta un ulteriore passo della nuova Amministrazione verso gli alleati e più in generale verso il multilateralismo. Tuttavia, resta aperta l’opposizione di Washington all’attività investigativa della Corte in merito ai presunti abusi e torture commessi dal personale della CIA e dei militari USA in Afghanistan, Polonia, Lituania e Romania, tutti stati membri della CPI.