Il 23 luglio, il Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese ha reso noto in un comunicato di aver adottato contromisure in risposta alla pubblicazione da parte delle autorità statunitensi dell’Hong Kong Business Advisory, una raccomandazione rivolta agli operatori economici per metterli in guardia dai nuovi rischi derivanti dallo svolgimento di attività economiche a Hong Kong, a seguito dell’adozione da parte di Pechino della National Security Law.
Per la prima volta le contromisure – non specificate – sono adottate ai sensi dell’Anti-Foreign Sanctions Law, ossia la legge entrata in vigore lo scorso 10 giugno che definisce il quadro normativo che autorizza il governo di Pechino a intervenire in caso di violazioni del diritto internazionale, di norme di base delle relazioni internazionali, di lesioni degli interessi nazionali cinesi, di pratiche discriminatorie contro cittadini/entità cinesi e d’interferenze con i suoi affari interni.
L’Anti-Foreign Sanctions Law autorizza il Consiglio di Stato a imporre (I) restrizioni alla circolazione, (II) congelamento dei beni, (III) restrizioni al commercio con individui ed entità cinesi nonché (IV) “altre misure necessarie”, espressione, quest’ultima, che lascia all’esecutivo un ampio margine di manovra.
Tra i nominativi dei sei individui statunitensi designati spicca quello dell’ex Segretario al Commercio Wilbur Louis Ross, il capo della Commissione del Congresso per la valutazione dei rapporti economici e di sicurezza tra USA e Cina Carolyn Bartholomew e alcuni vertici di importanti ONG, tra cui la direttrice del programma Cina di Human Rights Watch Sophie Richardson. Nella lista dei soggetti colpiti figura, inoltre, l’ONG Hong Kong Democracy Council (HKDC).
Il comunicato si conclude ribadendo che ogni attività volta a interferire con la gestione di Hong Kong, Regione della Cina ad amministrazione speciale, risulterà “futile come lo sforzo di una formica che cerca di scuotere un albero”.