Lo State Council Information Office della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato il 29 dicembre 2021 un Libro bianco (White paper) con il fine di fornire una panoramica delle politiche attuate (e della posizione adottata) dalla Cina in materia di export control.
Il Libro bianco è composto da quattro capitoli, che vertono sui seguenti temi:
- posizione della Cina sui controlli alle esportazioni;
- miglioramenti al sistema legale e normativo relativo ai controlli alle esportazioni;
- modernizzazione del sistema di export control;
- promozione degli scambi e collaborazione a livello internazionale.
Fin dal primo capitolo, il leitmotiv del documento è l’asserita piena adesione della Cina ai trattati multilaterali che governano il commercio di beni strategici e controllati e a cui la Cina ha finora aderito – cui si giustappone un’implicita critica nei confronti di quei Paesi che adottino misure discriminatorie e unilaterali nell’ambito dei controlli alle esportazioni.
Il secondo capitolo riassume i progressi normativi compiuti dalla Cina dagli anni ’90 in poi, con l’introduzione di sei regolamenti amministrativi e relative normative di dettaglio emanate da svariate agenzie e ministeri. Le varie policy sui controlli alle esportazioni sono poi state consolidate attraverso l’Export control law, legge entrata in vigore a dicembre 2020 e da subito testo di riferimento. A seguito del riassetto normativo, ciascuna tipologia di beni controllati risulta regolamentata dalla competente agenzia governativa, congiuntamente con il Ministero del Commercio (MOFCOM).
Nel terzo capitolo, il Libro bianco conferma l’impiego da parte cinese di standard internazionali riconosciuti in merito alla gestione dei processi di licenza (inclusi i certificati di uso / utilizzatore finale). Le richieste di licenza sono vagliate da comitati che vedono la partecipazione di rappresentanti delle diverse agenzie interessate dai processi. Sin dal luglio 2021, l’iter di ottenimento delle licenze è stato completamente digitalizzato. Similmente a quanto previsto in UE, sono state definite Licenze generali per operatori economici che abbiano adottato ICP (Internal Compliance Program) e valide procedure di gestione dei beni controllati. Vengono poi passati in rassegna i meccanismi di enforcement – che coprono ogni aspetto del processo di esportazione; le entità che violino le normative in materia di export control non possono beneficiare di servizi di terze parti quali trasporti, finanziamenti, dichiarazioni doganali. Da ultimo, il Libro bianco sottolinea come siano state accresciute le capacità tecniche delle autorità competenti di individuare beni esportati in maniera illegale.
Il capitolo terzo verte altresì sulla modernizzazione del sistema di export control. In questo ambito, gli ICP rappresentano la chiave di volta dell’architettura della compliance per le aziende cinesi. Nel corso del 2021 sono state riviste e aggiornate le relative linee guida (che ora dispongono che un sistema di ICP aziendale abbia un’architettura similare a quanto già previsto dalle linee guida UE). Ampi sforzi sono stati destinati al c.d. awareness raising e alla predisposizione e somministrazione di programmi formativi cui hanno partecipato migliaia di operatori. Il capitolo si chiude con un lungo elenco di accordi internazionali cui la Cina ha adempiuto, ponendo l’accento (forse in modo strumentale) sull’importanza del multilateralismo nel gestire i controlli alle esportazioni, in contrapposizione alle misure restrittive adottate unilateralmente.
Infine, il quarto capitolo – in piena continuità con i precedenti – si sofferma sulla promozione degli scambi e della cooperazione internazionale. In particolare, il White paper riferisce di molteplici accordi siglati su base bilaterale (inter alia, con la Federazione Russa) per le reciproche procedure di rilascio di certificati sull’uso / utilizzatore finale. Per quanto riguarda la Convenzione sulle Armi Chimiche, viene riferito il compimento di ispezioni su utilizzatori ed utilizzi finali in Corea, Germania, Spagna ed altri Paesi. La Cina sostiene che l’ONU dovrebbe svolgere un ruolo centrale nel delineare il giusto equilibrio tra non proliferazione e usi pacifici di tecnologie e beni controllati, e nel salvaguardare i legittimi diritti dei Paesi in via di sviluppo a usi pacifici di prodotti (anche controllati) risultanti dall’avanzamento tecnologico. Vengono poi riferiti i progressi fatti nei rapporti con importanti Regimi Multilaterali di Controllo delle Esportazioni cui la Cina non ha ancora aderito ufficialmente: il Missile Technology Control Regime (MTCR), il Wassenaar Arrangement (WA) e l’Australia Group (AG).
Nella conclusione del documento, l’accento è ancora una volta posto sull’approccio olistico all’export control; in particolare, la Cina mira a definire una solida governance internazionale e condivisa riguardo le normative sul controllo delle esportazioni.
Il Libro bianco appena analizzato conferma, a un anno di distanza dalla pubblicazione dell’Export control law, l’attenzione sempre più importante che il governo di Pechino pone sulle misure di controllo alle esportazioni. È dunque fondamentale, per chi esercita un’attività di impresa in Cina che comporta lo svolgimento di operazioni di export, essere a conoscenza delle misure di controllo in vigore che regolano l’esportazione di un determinato prodotto.
Per garantire la conformità a simili misure, è auspicabile che le aziende cinesi (i.e. incluse le società locali controllate o partecipate da società europee) adottino programmi di governance interni (ICP) che disciplinino nel dettaglio i presidi adottati per lo svolgimento di un adeguato monitoraggio sulle proprie operazioni e per l’attuazione degli adempimenti imposti dalle misure medesime (es. ottenimento di autorizzazioni).