14° PACCHETTO SANZIONI RUSSIA: L’UNIONE REGOLAMENTA IL RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO DEI SOGGETTI LESI DALLE ‘AMMINISTRAZIONI TEMPORANEE’ DI BENI ORDINATE DALLA RUSSIA

Primi rilievi critici all’art. 11-ter del Reg. (UE) 2024/1745

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 24 giugno 2024 del Reg. (UE) 2024/1745 (il “Regolamento”) – l’UE ha adottato il c.d. “quattordicesimo pacchetto” di misure restrittive nei confronti della Federazione Russa nel contesto del perdurante conflitto in Ucraina (vedi più ampiamente il nostro commento qui). Il Regolamento introduce, inter alia, un nuovo art. 11-ter che prevede la possibilità per soggetti UE lesi dal Decreto del Presidente della Federazione Russa n. 302 del 25 aprile del 2023 (il “Decreto”), di ottenere un risarcimento del danno in sede giurisdizionale dinnanzi ai giudici competenti di uno Stato membro.

Si ricorda che il Decreto ha disposto l’“amministrazione temporanea” delle quote di società russe detenute da entità di “Paesi ostili” (tra cui anche l’Italia) da parte di un amministratore di nomina governativa il quale di fatto sostituisce il proprietario dell’asset nell’esercizio dei poteri e facoltà spettanti a quest’ultimo, ad eccezione del diritto di disporre del bene stesso, assicurandone la custodia e potendo ricavare fondi dal loro utilizzo, al fine di coprire le spese di mantenimento.

Pertanto, ai sensi del neo-introdotto art. 11-ter del Regolamento, qualsiasi persona fisica o giuridica dell’Unione Europea può agire in giudizio di fronte ad un giudice di uno Stato membro competente per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dal soggetto che abbia beneficiato degli effetti di una misura emessa in forza del Decreto. Tale facoltà è però subordinata a due condizioni: (i) che il soggetto UE non abbia accesso effettivo a mezzi di ricorso nella giurisdizione competente e che (ii) la decisione adottata nel quadro del Decreto violi una norma di diritto internazionale consuetudinario o un trattato bilaterale per la promozione e la protezione degli investimenti (BIT).

Il secondo paragrafo dell’art. 11-ter disciplina, infine, la circolazione delle decisioni di cui al primo paragrafo, stabilendo che gli Stati membri che emettono o che eseguono una tale pronuncia non incorrono in responsabilità alcuna, né devono conformarsi a decisioni giudiziarie o arbitrali che li considerino tali.

Ad un’analisi preliminare, la norma in esame presenta una serie di profili critici e la sua concreta efficacia pare, in verità, piuttosto limitata a causa di molteplici complessità che necessitano di essere analizzate approfonditamente.

In primo luogo, l’art. 11-ter si limita a sancire la possibilità per il soggetto leso di intraprendere un’azione risarcitoria “dinnanzi al giudice competente dello Stato membro”. I criteri di competenza non sono, quindi, innovati e vanno accertati in concreto in base alla normativa internazionalprivatistica applicabile innanzi al giudice dello Stato membro di fronte al quale si agisce con la conseguenza che, qualora nessun giudice UE possa considerarsi competente, il soggetto danneggiato non beneficerà della tutela accordata dalla norma in esame.

Per quanto concerne la disciplina internazionalprivatistica in vigore in Italia, si applica il Reg. (UE) 1215/2012 (c.d. Bruxelles I-bis) in forza del rinvio di cui all’art. 3 co. 2 L. 218/1995.

Se l’azione risarcitoria assumesse i contorni di un arricchimento senza causa, si applicherebbe il principio in forza del quale la Corte di Giustizia dell’UE ha affermato che tale ipotesi non rientra né nella materia contrattuale di cui al foro dell’art. 7 n. 1 Reg. Bruxelles I-bis né in quella extracontrattuale di cui al n. 2 del medesimo articolo. Valorizzando, invece, il dato testuale dell’art. 11-ter, che prevede la facoltà di agire in giudizio per “il risarcimento di qualsiasi danno subito”, sarebbe possibile argomentare per la natura extracontrattuale dell’azione ed una conseguente possibilità, ai sensi dell’art. 7 n. 2 Reg. Bruxelles I-bis, di adire il giudice del luogo in cui si è verificato il danno.

Analizzate le questioni relative alla competenza giurisdizionale, ci si concentra di seguito sulle due menzionate condizioni cui è soggetta il risarcimento dei pregiudizi subiti ai sensi dell’art. 11-ter del Regolamento. In primo luogo, sulla base della norma in esame non è possibile agire di fronte ai giudici di uno Stato membro nel caso in cui il soggetto leso abbia un accesso effettivo a mezzi di ricorso. Tale situazione non sembra sussistere qualora vi sia una clausola compromissoria contenuta in un Trattato Bilaterale di Investimento (“BIT”) tra uno Stato membro e la Federazione russa. Orbene, un BIT può certamente prevedere una clausola di risoluzione delle controversie Stato vs. Stato (SSDS) oppure Privato vs. Stato (ISDS), ma non Privato vs. Privato. È proprio quest’ultima eventualità quella a cui l’art. 11-ter fa riferimento, agendo il danneggiato nei confronti del beneficiario, persona fisica o giuridica, di un provvedimento amministrativo russo e non già necessariamente nei confronti della Federazione Russa.

La seconda delle condizioni menzionate dall’art. 11-ter del Regolamento prevede che sia possibile agire in giudizio nei confronti di un beneficiario di una decisione emessa in forza del Decreto qualora detta decisione sia in violazione di una norma di diritto internazionale consuetudinario o un di un BIT.

Rispetto al primo profilo, si rileva che le misure restrittive al diritto di proprietà poste in essere dagli Stati nei confronti di persone fisiche e giuridiche non rappresentano, di per sé, un illecito internazionale, ma comportano solamente un obbligo di corrispondere un indennizzo. A tal fine rileva tanto l’attività dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite quanto la prassi internazionale, come ad esempio quella del Tribunale Iran-Stati Uniti. Pertanto, il riferimento alla violazione di norme di diritto internazionale consuetudinario quale parametro di illegittimità della misura restrittiva del diritto di proprietà appare di limitata applicabilità, concernendo esclusivamente la violazione dell’obbligo di indennizzo.

Non possono essere nemmeno sottaciute le incertezze applicative che la norma solleva in materia di danno risarcibile, di nesso di causalità, di identificazione del legittimato passivo.

In conclusione, la norma in esame – per quanto elaborata al fine di tutelare gli operatori economici degli Stati membri – presenta una serie di criticità che rischiano di impattare sulla sua concreta operatività, essendo il risarcimento dei pregiudizi subiti soggetto ad una serie di condizioni che implicano un’analisi assai approfondita della fattispecie concreta.

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