LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO CONFERMA LA LEGITTIMITÀ DEGLI INTERVENTI DI GOLDEN POWER RISPETTO AI PEGNI SUGLI ASSET STRATEGICI

Con recente sentenza n. 10275 del 22 maggio 2024, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio si è pronunciato sul ricorso presentato dalla società C. s.p.a. (“C” o “ricorrente”), operante nel campo della fornitura di soluzioni software e servizi di outsourcing informatico per il mercato bancario (asset strategici ai sensi del D.L. n.21 del 2012), avverso il D.P.C.M n. 3978 del 27 luglio 2023, con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri (“Presidenza”) ha esercitato determinati poteri speciali di cui all’art. 2 del D.L. n.21 del 2012 (“golden power” o “D.L. 21/2012”) rispetto ad una notifica preventiva presentata da C relativamente all’estensione di alcuni pegni.

Tali pegni erano stati originariamente costituiti dalla società D.B.H Limited, oggi controllante di C, a garanzia di un finanziamento per l’acquisizione di C stessa, e ricadevano sulle azioni di C, nonché su alcuni conti correnti e crediti. Gli stessi pegni, al tempo della loro costituzione erano già stati oggetto di una precedente notifica golden power alla Presidenza, rilevando come assegnazione degli attivi a titolo di garanzia. In quell’occasione la Presidenza aveva concluso il relativo procedimento di verifica con l’adozione di una delibera di non esercizio dei poteri speciali.

Successivamente, la ricorrente ha notificato alla Presidenza, a titolo prudenziale, l’estensione dei medesimi pegni a garanzia di un prestito obbligazionario emesso dalla stessa C. In tal caso, diversamente dal primo provvedimento, la Presidenza ha previsto l’imposizione di determinate prescrizioni nei confronti di C e, in particolare: : i) l’utilizzo del prestito obbligazionario garantito dall’estensione dei pegni sulle azioni e sui conti di C. al fine di effettuare gli investimenti previsti dal piano industriale di C. e gli ulteriori investimenti necessari per garantire la continuità, lo sviluppo e il rafforzamento degli attivi strategici detenuti; ii) l’invio, con cadenza trimestrale, di relazioni in cui si evidenziava il rispetto delle prescrizioni e lo stato di implementazione del piano industriale da parte di C., nonché l’evoluzione del suo conto economico e dello stato patrimoniale.

Alla luce di ciò, il ricorrente proponeva ricorso avverso il provvedimento della Presidenza, sostenendo che l’estensione dei pegni già esistenti non costituisse un’operazione rientrante nell’ambito di applicazione del D.L. 21/2012.

In particolare, la ricorrente sosteneva che l’estensione del pegno sulle azioni non potesse ritenersi un’operazione rilevante ai fini della disciplina in esame, in quanto non comprendeva il trasferimento del diritto di voto in capo al creditore pignoratizio ai sensi dell’art. 2352 c.c.. Sul punto il TAR richiamava invece la disciplina generale delle garanzie reali, che comporta il trasferimento della disponibilità ed il controllo del bene oggetto della garanzia a favore del creditore pignoratizio, in quanto lo stesso ha il diritto di vendere la cosa ricevuta in pegno ed incassarne il ricavato, seppur solo in caso di escussione. In particolare, nel caso del pegno sulle azioni, il creditore pignoratizio può chiedere al tribunale la vendita delle azioni sottoposte a pegno, o persino l’assegnazione delle azioni in pagamento, sino alla concorrenza del debito, previa valutazione del loro valore tramite perizia (artt. 2796 ss. c.c.). A ciò si aggiunga che il creditore pignoratizio acquisisce anche il diritto di voto in ipotesi di inadempimento del debitore. A conclusione di ciò il TAR sanciva che la costituzione ed estensione dei pegni sulle azioni sono operazioni rilevanti ai fini della normativa di golden power, anche indipendentemente dal trasferimento del diritto di voto al creditore pignoratizio (il TAR, tra l’altro, sottolineava come il patto che esclude i diritto di voto potrebbe essere modificato dalle parti in un secondo momento), sostenendo pertanto che la Presidenza avesse esercitato i poteri speciali in linea con quanto previsto dalla normativa.

Il caso, dunque, assume particolare importanza in quanto permette di sancire l’estensione del sindacato della Presidenza in materia di golden power alla costituzione ed estensione di pegni su asset strategici, disponendone pertanto la richiesta di notifica preventiva alla Presidenza, anche qualora il diritto di voto sia rimasto in capo al socio datore di pegno.

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