di Farian Sabahi 13 giu 2019 – Corriere.it
Numerose società italiane hanno perso anche il novanta percento del business a causa delle sanzioni americane imposte al business con l’Iran, ma non vogliono raccontare le loro vicissitudini perché cercano di continuare a lavorare navigando sottotraccia». Inizia così la conversazione con l’avvocato Marco Padovan che ha organizzato una conferenza internazionale venerdì 21 giugno sulle sanzioni all’Iran (ma non solo) in Assolombarda a Milano, in via Pantano 9 dalle 9 alle 17 (iscrizione è gratuita scrivendo a info@studiopadovan.com).
Il peso delle sanzioni americane
Il round di sanzioni secondarie – vincolanti anche per soggetti non statunitensi e quindi per le aziende e banche italiane – deciso dal presidente americano Trump lo scorso 8 maggio è solo l’ultimo colpo inflitto dagli Stati Uniti al business con la Repubblica Islamica. Dall’agosto 2018, aziende e banche operanti in determinati settori dell’economia iraniana (tra cui ferro, rame, acciaio, alluminio, Oil & Gas) rischiano di essere sanzionati dall’OFAC, l’agenzia del Tesoro americano deputata all’enforcement dei programmi sanzionatori statunitensi (si pensi ai recentissimi casi UniCredit e BP Tankers S.p.A.).
A essere presi di mira sono anche i mercati della Russia e della Crimea, obiettivo di un’intricatissima rete di sanzioni adottate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti nei più svariati settori: dal petrolifero e gas di scisto fino ai settori dei trasporti e delle telecomunicazioni. «Il nostro compito, come studio legale – continua Marco Padovan che dopo una lunga esperienza alla Banca Europea per gli Investimenti è operativo da quasi vent’anni con il suo team a Milano e a Roma – è fare in modo che le imprese italiane possano fare affari senza incorrere in sanzioni americane. A causa di queste sanzioni, noi italiani abbiamo perso la linea di credito da 5 miliardi di euro che avevamo negoziato e per conto di Invitalia Global Investment».
Il calo dell’interscambio
L’instabilità politica e il rischio delle sanzioni americane hanno portato a un drastico calo dell’interscambio. Di fatto, gli esportatori italiani hanno perso una fetta importante del mercato iraniano. E poi ci sono «le difficoltà indotte dal conflitto tra regolamento di blocco e sanzioni Usa, che stanno creando non pochi problemi al sistema bancario e industriale italiano, scatenando un cannibalismo intra-europeo senza che le istituzioni abbiano dato una risposta chiara a sostegno delle industrie e delle banche italiane: devono decidere da sole se rispettare le sanzioni americane, violando così il regolamento di blocco europeo ed esponendosi al rischio di dover risarcire il danno e di prendere persino una sanzione amministrativa; oppure se ignorare le decisioni americane rischiando di finire nella lista nera Usa».
La protezione in Regno Unito, Francia e Germania
Le autorità, a Roma come a Bruxelles, non sembrano in grado di mettere in piedi un sistema di protezione adeguato per le imprese. Regno Unito, Francia e Germania hanno dato avvio a Instex, una società a capitale pubblico con sede a Parigi il cui compito è agire come camera di compensazione tra crediti e debiti con l’Iran. Uno strumento a cui l’Italia non ha ancora aderito, anche perché gli Stati Uniti già minacciano di prendere di mira, lei e la sua omologa costituita a Teheran, con ulteriori sanzioni.
Le opportunità del mercato iraniano
Con i suoi 82 milioni di consumatori, nonostante le difficoltà dovute al regime sanzionatorio messo in atto dagli Stati Uniti, il mercato della Repubblica islamica resta molto appetibile per le imprese italiane. Per questo motivo, le imprese italiane «cercano porti dove spedire, senza far comparire l’Iran come destinazione finale. Così facendo, aumenta però l’opacità negli scambi internazionali, perdiamo trasparenza e controllo. Di fatto, rischiamo di aiutare la criminalità economica internazionale», commenta Marco Padovan.
Di tutto questo si discuterà a Milano nella giornata di venerdì 21 giugno, organizzata in collaborazione con Assolombarda e AT+ICA, ovvero la prima rete europea di avvocati specializzati in restrizioni alle esportazioni e agli investimenti. Tra i relatori, le massime autorità del settore: esponenti del MISE, del MEF, del MAECI nonché della Commissione europea e dell’OFAC. Il focus non sarà esclusivamente quello delle sanzioni economiche internazionali.
I temi della conferenza
La conferenza sarà dedicata anche ad altri temi caldi in materia di commercio internazionale, quali la cybersecurity, la politica italiana sul commercio internazionale di armi, l’eventuale impatto di Brexit sui controlli al commercio intra Ue ed extra Ue. Un panel specifico sarà dedicato ai controlli che l’Ue ha recentemente predisposto sugli investimenti stranieri considerati lesivi degli interessi europei e più in generale al tema delle restrizioni imposte a Huawei e ad altri operatori sia in ambito europeo sia statunitense. L’incontro rifletterà le attualissime complessità del mondo dell’import-export, dominato dall’atteggiamento aggressivo dell’Amministrazione Trump da un lato e dalle timide risposte dell’Unione Europea. «C’è da augurarsi – conclude Padovan – che questa prima conferenza internazionale su questi temi consenta il confronto con le esperienze degli altri paesi europei e possa offrire qualche idea per elaborare le migliori strategie per aiutare gli esportatori italiani a navigare nel mare sempre più agitato del commercio internazionale».
Fonte: Corriere.it