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L’IMPORTAZIONE DI MASCHERINE PER LE IMPRESE DI PUBBLICA UTILITÀ: COME EVITARE IL RISCHIO DI REQUISIZIONE E SFRUTTARE I BENEFICI DELLO SVINCOLO DIRETTO

Studio Legale Padovan

Proponiamo di seguito una nota di sintesi per le aziende con codice ATECO di pubblica utilità (ex all’allegato 1 del DPCM del 22 marzo e allegato 3 del DPCM del 10 aprile 2020), che vogliano garantire la continuità aziendale e si apprestino a importare mascherine DPI per salvaguardare la salute dei propri dipendenti.

Corretta classificazione doganale

Pare innanzitutto opportuno chiarire i risvolti legati a una corretta classificazione doganale.

Nell’aggiornamento  delle linee guida sulla classificazione doganale dei dispositivi importati per far fronte all’emergenza dello scorso 9 aprile (link), l’Organizzazione Mondiale delle Dogane, con riferimento alle mascherine DPI, conferma quanto già stabilito nella versione precedente e distingue il codice 630790 (Textile face-masks, without a replaceable filter) dal codice 902000 (Gas masks with replaceable filters). Detta distinzione è confermata, con riferimento al codice NC a 8 cifre, dalla nota 105364 del 2 aprile u.s. dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli secondo cui le mascherine FFP devono essere classificate nel codice 6307 90 98 laddove siano dotate di filtro non sostituibile e nel codice 9020 00 00 qualora dotate di filtro sostituibile.

Procedure doganali di importazione

Chi e a quali condizioni può ottenere la franchigia dai dazi e l’esenzione dall’Iva all’importazione

La decisione dello scorso 3 aprile della Commissione UE, avente portata generale e diretta applicabilità, ha stabilito che le importazioni di merci per fronteggiare l’emergenza beneficeranno della franchigia dei dazi doganali (Reg. CE 1186/2009) nonché dell’esenzione sull’IVA all’importazione (Dir. CE 132/2009) ove sussistano le seguenti condizioni:

  • i beni siano distribuiti ovvero messi a disposizione gratuitamente alle persone colpite (ovvero esposte a rischio) da contagio COVID-19 o coinvolte nella gestione dell’emergenza da parte o per conto dei seguenti organismi/ organizzazioni:
    • organizzazioni statali, compresi gli enti statali, gli enti pubblici e altri organismi di diritto pubblico ovvero organizzazioni che siano state autorizzate dalle competenti autorità degli Stati membri;
  • le merci soddisfino i requisiti di cui agli articoli 75, 78, 79 e 80 del Reg. CE 1186/2009 e agli articoli 52, 55, 56 e 57 della Dir. CE 132/2009, previsti per l’importazione di merci a favore delle vittime di catastrofi;
  • i beni siano importati da o per conto di organismi di soccorso per le catastrofi (e.g. unità di pronto soccorso, protezione civile ecc.) per far fronte alle proprie necessità nel periodo in cui forniscano la propria assistenza.

Con riguardo a quanto specificato nel summenzionato punto 1, le determinazioni direttoriali n. 107042 e 107046/RU del 3 aprile 2020 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli chiariscono che:

  • “1. Sono ammesse all’esenzione dai dazi doganali e dall’IVA le importazioni di merci, necessarie a contrastare l’emergenza da COVID-19, effettuate da o per conto di organizzazioni pubbliche, compresi gli enti statali, gli organismi pubblici e altri organismi di diritto pubblico oppure da e per conto di organizzazioni autorizzate dalle competenti Autorità nazionali. Al medesimo beneficio sono ammesse anche le importazioni effettuate da e per conto delle unità di pronto soccorso per far fronte alle proprie necessità per tutta la durata del loro intervento”; nonché
  • “2. Le esenzioni di cui al punto 1 si applicano alle merci destinate alla distribuzione gratuita nei confronti delle persone colpite dal contagio da COVID-19 ovvero esposte al rischio di contrarre la COVID-19 oppure impegnate nella lotta contro la pandemia, anche laddove le merci suddette restino nella proprietà dei (suddetti) soggetti che le mettono gratuitamente a disposizione. Tali merci, dovendo soddisfare i requisiti di cui agli articoli 75, 78, 79 e 80 del Regolamento (CE) n. 1186/2009 (circa la franchigia dei dazi) e agli articoli 52, 55, 56 e 57 della Direttiva 2009/132/CE (circa l’esenzione IVA), non possono essere prestate, cedute o vendute a soggetti non aventi titolo all’esenzione o non coinvolti nelle finalità di cui sopra e non possono essere destinate ad usi diversi da quelli sopra menzionati”.

Inoltre, al fine di beneficiare della franchigia dei dazi e dell’esenzione IVA, all’atto dello sdoganamento l’importatore deve produrre:

  • una autocertificazione resa ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000, con la quale il destinatario finale della merce attesti di appartenere alle categorie di soggetti sopra menzionati e che la merce per la quale si chiede il beneficio sia a lui destinata per le finalità sopra indicate;
  • una autocertificazione, il cui modello è pubblicato nella determinazione 107046, qualora l’importatore sia soggetto diverso dal destinatario finale della merce avente diritto all’esenzione in cui si attesti che le merci, descritte per natura e quantità sono importate su mandato del destinatario avente titolo.

La procedura di svincolo diretto e svincolo celere per le aziende di pubblica utilità – come evitare il rischio della requisizione

Un’azienda con codice ATECO incluso nei servizi di pubblica utilità ai sensi dell’allegato 1 del DPCM 22 marzo ovvero dell’allegato 3 del DPCM 10 aprile 2020, che non abbia ricevuto apposito mandato da uno degli enti sopra menzionati e intenda importare in Italia mascherine per finalità che esulano da quelle sopra descritte, potrà importare mascherine per i propri dipendenti, pur non potendo beneficiare della franchigia dei dazi e dall’esenzione IVA, accedendo alla procedura di sdoganamento diretto e/o celere senza rischio di requisizione previsto dall’art. 6 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020. A tal fine, sarà necessario presentare, a mezzo spedizioniere/ casa di spedizione, una dichiarazione doganale di importazione, secondo le procedure ordinarie e con inserimento del codice 08AO nella casella 44 (vedi infra), accompagnata dal modello di SVINCOLO DIRETTO debitamente compilato. In particolare, sarà necessario:

  • indicare lo specifico codice ATECO in corrispondenza della dicitura “Esercente servizio pubblica utilità (specificare)”; nonché,
  • barrare la casella “è soggetta al normale regime impositivo e non si avvale di benefici fiscali”.

Per l’importazione di beni mobili non DPI utili al contrasto della diffusione del virus covid 19, è invece necessario accompagnare la dichiarazione doganale dal modello di SVINCOLO CELERE.

Tutto ciò premesso, nel caso in cui l’importatore sia soggetto diverso dal soggetto destinatario e che opera per conto e su mandato del suddetto, ai fini dell’autorizzazione allo sdoganamento dovrà produrre un’autocertificazione in cui dichiara che le merci, descritte per natura e quantità, sono importate su mandato del destinatario avente titolo DICHIARAZIONE-RAPPRESENTANZA.

Corretta compilazione della dichiarazione doganale

Ove si rientri nei casi sopracitati, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con nota prot. 11048 dello scorso 8 aprile, ha diramato le istruzioni per la compilazione della bolletta doganale.

Oltre a confermare che nei casi di cui agli art. 74 Reg. 1186/2009 e art. 51 Dir. 132/2009 per “Beni importati a favore delle vittime di catastrofi” sarà obbligatorio indicare il codice C26 nella casella 37 del DAU, viene chiarito che la dichiarazione doganale, da trasmettere tramite servizio telematico, deve essere così compilata:

  • casella 8 “Destinatario”: indicazione del codice fiscale ovvero P.IVA/codice EORI dell’importatore;
  • casella 14 “Dichiarante/Rappresentante”: indicazione del codice EORI del soggetto;
  • casella 44: andranno inseriti i seguenti codici documento:
    • 07AO (obbligatorio nel caso in cui sia indicato il codice C26 nella casella 37): “merci destinate a organizzazioni pubbliche, compresi enti statali, organismi pubblici e altri organismi di diritto pubblico o organizzazioni autorizzate dalle competenti autorità nazionali ovvero destinate alle unità di pronto soccorso”. Nel sottocampo Identificativo deve essere indicata la P.IVA/C.F./Codice EORI del destinatario finale della merce, soggetto rientrante nelle categorie ammesse alla franchigia. Nel caso di importazioni effettuate direttamente dall’ente pubblico o da un soggetto rientrante nelle categorie destinatarie del beneficio, sarà riportata la stessa P.IVA/C.F. della casella 8;
    • 08AO (obbligatorio in alternativa al 09AO): “autocertificazione svincolo diretto”;
    • 09AO (obbligatorio in alternativa al 08AO): “autocertificazione svincolo celere”;
    • 10AO (obbligatorio se casella 8 diversa da 07AO): “Autocertificazione dell’importatore, qualora diverso dal destinatario finale, per merci destinate interamente a soggetti aventi titolo alla franchigia (ex art. 74 Reg. CE 1186/2009 e 51 Direttiva CE 132/2009) su mandato dei medesimi”.

Emerge dunque che, qualora l’importatore sia soggetto diverso dal destinatario e che opera per conto e su mandato di quest’ultimo, ai fini dell’autorizzazione allo sdoganamento si dovranno produrre due autocertificazioni:

  • una a carico del destinatario finale delle merci (autocertificazione a svincolo diretto/svincolo celere);
  • una a carico dell’importatore che agisce per conto del destinatario in cui, come sopra riportato, si dichiara che le merci, descritte per natura e quantità, sono importate su mandato del destinatario avente titolo.

Chiarimenti finali

Come chiarito dalle FAQ (link) pubblicate sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella sezione COVID-19, anche laddove si rientri in un codice ATECO di pubblica utilità, per evitare contestazioni da parte dell’autorità antifrode sarà necessario per le aziende osservare alcune precauzioni. Ad esempio, potrebbe non superare il controllo antifrode un’azienda con codice ATECO “legittimo” che importi per uso interno un numero di mascherine (e.g. 500.000) sproporzionato rispetto al numero di dipendenti (e.g. 50) – pur potendo quell’azienda, utilizzando la procedura di SVINCOLO DIRETTO, importare dette mascherine senza rischio di requisizione. Infatti, un caso come quello suddetto può ingenerare il sospetto che l’imprenditore effettui un’operazione di accaparramento a fini speculativi.

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