Martedì 21 novembre 2023, il Regno Unito ha annunciato che la propria volontà di divenire parte della Convenzione dell’Aja del 2019 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale (di seguito “la Convenzione”) “as soon as practicable”. La Convenzione – al momento in vigore nei confronti di UE, Israele e Ucraina (entrerà in vigore per l’Uruguay a partire dal gennaio 2024) – istituisce un regime semplificato di circolazione delle sentenze straniere, il quale, pur essendo inevitabilmente meno pregnante rispetto a quello istituito dal Reg. (UE) n. 1215/2012 (c.d. Regolamento Bruxelles I-bis), costituisce nondimeno una significativa forma di integrazione sovranazionale nel contesto del diritto internazionale privato.
Scopo di fondo della Convenzione è quello di promuovere lo sviluppo delle relazioni a carattere transnazionale fra privati, facendo in modo che questi possano far valere agevolmente i diritti loro spettanti in base a una decisione resa in un dato paese ovunque ciò si renda necessario, senza limitazioni eccessive, e comunque a condizioni internazionalmente omogenee. Per questo motivo, la Convenzione del 2019 tratta sia del riconoscimento delle sentenze straniere, i.e. la capacità di una data sentenza di produrre effetti in un ordinamento giuridico differente da quello in cui è stata emanata, sia dell’esecuzione di dette decisioni, vale a dire della possibilità di porre in essere l’esecuzione coattiva di una data sentenza in uno Stato differente da quello del giudice d’origine.
Tracciando brevemente i caratteri generali del regime istituito dalla Convenzione, si afferma in primo luogo che la Convenzione si applica ratione materiae alle decisioni rese dalle autorità giurisdizionali di uno Stato contraente (risultano quindi esclusi tanto i provvedimenti arbitrali quanto quelli cautelari) in materia civile e commerciale (non sono quindi comprese, ad esempio, le decisioni in materia tributaria, doganale e amministrativa). Inoltre, la Convenzione presenta disposizioni relative alla competenza del giudice d’origine che ha emesso la sentenza (c.d. filtri giurisdizionali): in particolare, è necessario che sussista uno dei collegamenti di cui all’art. 5 della Convenzione tra la decisione della quale si richiede la circolazione e il giudice che l’ha pronunciata (in via esemplificativa, la persona contro cui è chiesto il riconoscimento o l’esecuzione risiedeva abitualmente nello Stato di origine al momento in cui è divenuta parte del procedimento dinanzi al giudice di origine). In via ulteriore, l’art. 7 della Convenzione enuclea una serie di condizioni in presenza delle quali il riconoscimento o l’esecuzione delle decisioni possono essere negati. Senza pretese di esaustività, si vedano i seguenti motivi di diniego del riconoscimento o dell’esecuzione: l’atto non è stato notificato in tempo utile al convenuto in modo tale da permettergli di presentare le proprie difese; la decisione è il risultato di una frode; il riconoscimento o l’esecuzione sono manifestamente incompatibili con l’ordine pubblico dello Stato richiesto; la decisione dà luogo a contrasto tra giudicati.
Come si apprende dal documento emanato dal Governo britannico, il Regno Unito realizzerà nei prossimi mesi tutte le iniziative legislative volte ad un agevole recepimento delle disposizioni convenzionali, per poi iniziare il procedimento vero e proprio di sottoscrizione e ratifica del Trattato. Ad ogni modo, si precisa che ai sensi dell’art. 28 della Convenzione questa entrerà in vigore nei confronti del Regno Unito 12 mesi dopo la ratifica della stessa.
Il futuro ingresso del Regno Unito nella Convenzione appena descritta nei propri caratteri generali si inserisce nel contesto di una ‘ri-definizione’ delle relazioni di diritto internazionale privato e processuale tra Unione Europea e Regno Unito dopo che, al termine del c.d. periodo transitorio che ha fatto seguito a Brexit, i regolamenti internazionalprivatistici dell’Unione Europea hanno cessato di applicarsi in Gran Bretagna. Dopo il mancato ingresso del Regno Unito nella Convenzione di Lugano a seguito dell’opposizione manifestata dall’Unione Europea il 4 maggio 2021, la dichiarazione di voler divenire parte della Convenzione costituisce una tappa fondamentale delle relazioni internazionalprivatistiche UE-UK, nonché il primo tassello significativo della nuova regolamentazione a livello sovranazionale tra le due entità nel periodo post-Brexit.
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