È stato emanato il d.l. 17 ottobre 2024 n. 153 recante “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico”.
L’articolato interviene su vari ambiti di disciplina facenti capo vuoi al Codice dell’Ambiente (d.lgs. 152/2006) vuoi a normative settoriali relative a specifiche aree di attività (es. prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi) o alla gestione di particolari problematiche (es. crisi idrica, difesa del suolo, dissesto idrogeologico).
Gli interventi di modifica al d.lgs. 152/2006 sono orientati soprattutto all’introduzione di misure di semplificazione e di accelerazione delle procedure di valutazione ambientale correlate all’attuazione degli investimenti previsti dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e alla realizzazione degli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dal PNIEC (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima).
In tale prospettiva si colloca, ad esempio, l’espresso richiamo, che viene inserito all’interno dell’art. 25 d.lgs. 152/2006, ai poteri deliberativi intestati al Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 in caso di dissenso del Ministero della cultura rispetto al parere favorevole al rilascio del provvedimento di VIA assunto dalla Commissione tecnica competente (Commissione Tecnica VIA/VAS o Commissione Tecnica PNRR-PNIEC). A questo tema sono dedicate le riflessioni seguenti.
Le norme (art. 1 comma 1 lett. e) punti 2.2 e 4, d.l. 153/2024; art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988)
Il d.l. 153/2024, per gli aspetti qui in esame, integra l’art. 25 d.lgs. 152/2006 con l’aggiunta della seguente previsione al comma 2 quinquies, relativo all’acquisizione del concerto del Ministero della cultura:
“Il Ministero della cultura motiva adeguatamente l’eventuale diniego del concerto. In caso di dissenso del Ministero della cultura rispetto al parere favorevole della Commissione di cui all’articolo 8, comma 1, o della Commissione di cui all’articolo 8, comma 2-bis, può applicarsi l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400. Nei casi in cui, con l’atto adottato ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge n. 400 del 1988, venga superato il dissenso del Ministero della cultura, l’atto medesimo sostituisce ad ogni effetto il provvedimento di VIA favorevole, che comprende l’autorizzazione di cui al primo periodo [l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 d.lgs. 42/2004, ndr]. Le eventuali proroghe del provvedimento di VIA favorevole ai sensi del secondo periodo sono concesse ai sensi del comma 5” (art. 1 comma 1 lett. e) punto 2.2, d.l. 153/2024).
Sempre limitatamente al profilo qui di interesse, il d.l. 153/2024 aggiunge all’art. 25 d.lgs. 152/2006 anche il comma 7-bis che recita:
“Nel caso di progetti sottoposti a valutazione ambientale di competenza statale, gli eventuali atti adottati ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge n. 400 del 1988, sostituiscono a ogni effetto il provvedimento di VIA” (art. 1 comma 1 lett. e) punto 4, d.l. 153/2024).
Quanto all’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988, la norma inserisce tra le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 95 comma 1 Cost., ovverosia nell’espletamento della funzione di mantenimento dell’unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo, il potere di rimettere al Consiglio dei Ministri la risoluzione dei contrasti tra amministrazioni. Testualmente, il Presidente del Consiglio dei Ministri in forza della disposizione espressa dalla lettera c-bis):
“può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.
Considerazioni a prima lettura
Attraverso gli interventi sull’art. 25 d.lgs. 152/2006 come sopra riportati, il d.l. 153/2024, a ben vedere però, non attribuisce un nuovo potere all’Esecutivo, in quanto – come noto – il ricorso al Consiglio dei Ministri per superare l’empasse nelle procedure di valutazione ambientale trova la sua base giuridica già nella vigente normativa, ossia proprio nella disposizione formulata dalla lettera c-bis) per come inserita nell’art. 5 comma 2 l. 400/1988 dal d.lgs. 303/1999. D’altronde, tale disposizione viene riconosciuta espressiva di una “disciplina generale e ordinaria che, quindi, può essere applicata anche alle ipotesi di contrasto tra Amministrazioni statali, senza che sia necessario alcun espresso richiamo normativo” (v. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 2 marzo 2020, n. 1486).
Non a caso, nella scheda informativa recante “Indicazioni operative per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale”, pubblicata sul sito del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), viene fatta menzione della possibilità di rimettere l’adozione del provvedimento di VIA al Consiglio dei Ministri, e tale indicazione operativa risultava già prima dell’emanazione del d.l. 153/2024.
Al contempo, l’esame della giurisprudenza amministrativa consente di appurare le applicazioni effettive che il potere di cui all’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 ha finora avuto in materia di valutazioni ambientali.
Anzitutto, va premesso che la disposizione formulata dall’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 assegna un potere di composizione dei conflitti intraprocedimentali tra Amministrazioni al Consiglio dei Ministri, cui compete definire i princìpi essenziali dell’indirizzo politico e amministrativo del Governo. Proprio in forza di tale competenza è l’organo titolato a valutare quale posizione, fra due o più in contrasto debba prevalere, in quanto risulti essere quella che meglio garantisce gli interessi pubblici coinvolti e le priorità della politica governativa (v. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 15 aprile 2021, n. 3112).
In particolare, secondo l’interpretazione del Consiglio di Stato, la deliberazione del Consiglio dei Ministri si configura quale atto di “alta amministrazione”, come tale espressione di ampia discrezionalità. Il quale, nondimeno, viene considerato pur sempre impugnabile e dunque passibile di sindacato giurisdizionale. In concreto, l’esercizio del potere di cui all’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 si estrinseca in un giudizio valutativo complessivo, il quale va compiuto sulla base di criteri oggettivi e di argomentazioni logiche (si veda Cons. Stato, Sez. IV, sent. 19 maggio 2023, n. 5019).
Quanto ai limiti del sindacato giurisdizionale su questa tipologia di atti, si versa in un ambito che va contenuto entro il perimetro dei limiti esterni all’esercizio della discrezionalità amministrativa. Ne deriva che la delibera assunta dal Consiglio dei Ministri è sindacabile in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge o nei casi di manifesta carenza ed irragionevolezza della scelta in concreto operata. Si deve invece escludere la possibilità di un sindacato che incida sulle scelte di merito, le quali, per il principio costituzionale di separazione dei poteri, spettano alla pubblica amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 5 febbraio 2024, n. 1174).
Appurato che l’intervento del Consiglio dei Ministri era già attuabile prima del d.l. 153/2024, essendo riconosciuto quale rimedio generale previsto dall’ordinamento in caso di contrasto tra amministrazioni nell’ambito di un procedimento di valutazione ambientale (si veda ad es. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 7 agosto 2023, n. 7610), e appurato pure che lo stesso è sindacabile con gli ordinari strumenti della giustizia amministrativa, resta da sottolineare che le previsioni del dl non sono isolate in quanto già altre norme richiamano le attribuzioni de quibus.
Per completezza del quadro normativo, vale infatti richiamare l’art. 7 d.l. 50/2022 conv. con modific. in l. 91/2022 in materia di fonti rinnovabili: “Nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, qualora il progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, le eventuali deliberazioni del Consiglio dei ministri adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sostituiscono ad ogni effetto il provvedimento di VIA e alle stesse si applicano i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 25 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Anche in questo caso, come per il dl, viene prevista la valenza sostitutiva della delibera del Consiglio dei Ministri rispetto al provvedimento di VIA.
Da ultimo, si deve ricordare anche l’art. 14 quinquies l. 241/1990, a termini del quale viene prevista una peculiare procedura di opposizione da presentare al Consiglio dei Ministri (o al Ministro competente) per superare il dissenso manifestato in sede di conferenza di servizi. Si tratta di un procedimento non sovrapponibile a quello stabilito dall’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 in quanto è preordinato a dirimere il dissenso manifestato tra diversi livelli di governo e, segnatamente, tra autonomie territoriali o locali.
In conclusione, tornando all’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988 e al d.l. 153/2024, vale osservare che il deferimento al Consiglio dei Ministri risulta configurato come una facoltà. L’art. 5 stabilisce, infatti, che il Presidente del Consiglio “può deferire”. Sulla stessa linea, con il d.l. 153/2024, testualmente, viene previsto che in caso di dissenso del Ministero della cultura “può applicarsi” l’art. 5 comma 2 lett. c-bis), l. 400/1988. La formulazione sembrerebbe indicare che, nell’ambito dei procedimenti di valutazione ambientale, nel caso in cui il Ministero della cultura non condivida il parere favorevole della Commissione Tecnica (VIA/VAS o PNRR/PNIEC) la modalità di soluzione del contrasto tramite l’intervento del Consiglio dei Ministri sia un passaggio procedimentale eventuale.
Il d.l. 153/2024, entra in vigore il 18 ottobre 2024, e deve essere presentato alle Camere per la conversione in legge. Si attendono gli sviluppi dell’iter legislativo per sapere se le disposizioni qui esaminate saranno mantenute, eventualmente con modifiche apportate in sede di conversione in legge, o se perderanno efficacia.