DIRETTIVA EUROPEA PER LA DEFINIZIONE DEI REATI E DELLE SANZIONI PER LA VIOLAZIONE DELLE MISURE RESTRITTIVE DELL’UE: PROSEGUE L’ITER NORMATIVO IN ATTESA DEL TRILOGO TRA COMMISSIONE, CONSIGLIO E PARLAMENTO

Direttiva europea per la definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’UE: prosegue l’iter normativo in attesa del trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento.

In data 7 luglio 2023 è stata pubblicata la proposta del Parlamento europeo relativa alla direttiva europea per la definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione, il cui scopo è quello di armonizzare le legislazioni degli Stati membri in materia, creando un quadro normativo uniforme.

L’iter legislativo era iniziato con la prima proposta per l’adozione di tale direttiva, presentata a dicembre 2022 dalla Commissione europea a seguito della decisione del Consiglio del 28 novembre 2022 relativa al riconoscimento della violazione delle misure restrittive dell’Unione come una sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all’articolo 83 (1) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che fornisce quindi all’UE la competenza per armonizzare le legislazioni degli Stati membri in tale ambito (come esaminato in precedente post). A seguito della proposta della Commissione, il Consiglio pubblicava la sua proposta in data 12 giugno 2023, mentre è da ultimo toccato al Parlamento definire la propria posizione in materia, con il documento pubblicato, appunto, il 7 luglio scorso. Si apre ora la fase del trilogo europeo, che coinvolge Commissione, Consiglio e Parlamento, e che dovrebbe portare alla definizione di una posizione comune tra le tre istituzioni e, quindi, all’adozione della direttiva in questione.

Come già osservato, la proposta di direttiva mira ad assicurare l’uniformità nella definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione. Secondo la versione attuale della proposta, la violazione delle misure restrittive UE “da parte di qualsiasi persona fisica, giuridica, entità o organismo costituisce un reato se commesso intenzionalmente”. Ad oggi, la violazione delle misure restrittive unionali non è considerata come reato in tutti gli ordinamenti interni degli Stati membri, e i sistemi repressivi e sanzionatori variano significativamente da Stato a Stato; tale situazione ha portato a discrepanze significative negli ordinamenti interni dei Paesi membri.

Le legislazioni nazionali in materia presentano differenze non solo per quanto concerne il tipo di responsabilità – amministrativa o penale – prevista per la violazione delle misure restrittive adottate dall’Unione, ma anche per ciò che riguarda la tipologia e l’entità delle sanzioni applicabili. Secondo Eurojust, la violazione delle misure restrittive adottate dall’UE costituisce un reato in 12 Stati membri, in 13 Stati membri è classificata sia come reato sia come illecito amministrativo, mentre in due Stati essa comporta solamente un illecito amministrativo. Inoltre, anche le pene applicabili variano in modo significativo da Paese a Paese. Per esempio, nei Paesi in cui la violazione delle misure restrittive costituisce reato, il periodo massimo di reclusione varia dai due anni previsti da Cipro ai dodici anni previsti da Malta. Per quanto riguarda le pene pecuniarie, la multa massima che può essere imposta ad una persona fisica va da €1.200, previsti dall’ordinamento estone, ai 10,8 milioni di euro previsti dalla Germania. Per le persone giuridiche, invece, la pena massima varia da €6.000, previsti dal diritto rumeno, ai 37 milioni di euro previsti dalla Lettonia. In Italia, la violazione delle misure restrittive di carattere soggettivo, ossia congelamento e divieto di messa a disposizione di fondi e risorse economiche, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da €5.000 a €500.000, mentre la violazione delle sanzioni di carattere oggettivo/merceologico costituisce un reato punito con la reclusione fino a sei anni.

Ulteriore fattore di frammentazione è il fatto che, ad oggi, le autorità nazionali competenti, autonomamente individuate dagli Stati membri e da essi preposte all’attuazione delle norme in materia di violazioni delle misure restrittive UE, siano più di 180.

Questi elementi comportano, in ultima analisi, il rischio del verificarsi, all’interno dell’UE, del fenomeno del c.d. forum shopping, ossia la ricerca della giurisdizione con le pene più miti dalla quale compiere operazioni che potenzialmente violino o cerchino di eludere le misure restrittive unionali.

La proposta di direttiva presentata dalla Commissione, che mira a risolvere queste criticità, individua, all’articolo 3, le condotte che dovranno essere considerate come reato all’interno dell’ordinamento di ciascun Stato membro e che riguardano principalmente:

  • le violazioni dei divieti e delle restrizioni previste dalle misure restrittive UE;
  • le condotte elusive delle misure restrittive UE;
  • la violazione delle condizioni previste dalle autorizzazioni concesse dalla autorità nazionali per lo svolgimento di attività altrimenti vietate dalle misure restrittive UE.

L’articolo 4 della medesima proposta considera inoltre come reato l’istigazione, il favoreggiamento e il concorso di condotte in relazione ai reati di cui all’articolo 3, modificando, in aggiunta, la Direttiva (UE) 2018/1673 sulla lotta al riciclaggio, con l’identificazione della violazione delle sanzioni europee come reato presupposto per la commissione di reati in materia di riciclaggio.

Per quanto riguarda le pene detentive, la proposta prevede che i reati di cui all’articolo 3 siano punibili con una pena massima che preveda la reclusione. In particolare, la proposta individua come reati più gravi le violazioni delle misure restrittive che coinvolgano fondi o risorse economiche di un valore pari almeno a €100 000 (raggiungibile anche attraverso una serie di reati se commessi dallo stesso autore), che dovrebbero essere punibili con una pena massima di un anno di reclusione per le condotte che mirino ad eludere le misure restrittive UE e cinque anni di reclusione per le altre condotte previste dall’articolo 3.

Per quanto riguarda le pene pecuniarie applicabili alle persone giuridiche, la proposta prevede che le persone giuridiche siano punibili con sanzioni pecuniarie il cui limite massimo non dovrebbe essere inferiore all’1% o al 5%, a seconda dei casi, del fatturato globale totale della persona giuridica nell’esercizio precedente a quello della decisione di irrogazione della sanzione pecuniaria.

L’articolo 10 prevede che i fondi o le risorse economiche oggetto di misure restrittive dell’Unione, rispetto ai quali la persona, l’entità o l’organismo designati commettono o partecipano al reato di elusione, siano considerati come “proventi” di reato. In questo modo, gli asset congelati, trasformati in “proventi” di reato, potrebbero essere oggetto di confisca da parte degli Stati Membri.

La proposta del Consiglio del 12 giugno 2023 aveva avanzato alcune modifiche alla proposta originaria della Commissione, tra cui segnaliamo la volontà di limitare l’ambito di applicabilità della direttiva alle operazioni di valore superiore a €10.000. Inoltre, un emendamento proposto specifica ulteriormente che i beni rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva comprendono anche beni e tecnologie inclusi nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea e nell’Allegato I del Regolamento (UE) 2021/821 (c.d. Regolamento dual-use), eliminando la soglia di valore di €100.000 nel caso la violazione di una misura restrittiva UE riguardi tali beni. Relativamente alle pene pecuniarie applicabili alle persone giuridiche, invece, nella proposta del Consiglio gli Stati membri sarebbero liberi di scegliere se determinare tali pene sulla base delle percentuali di fatturato o in maniera fissa e predeterminata, nella misura massima di 8 o 40 milioni di euro a seconda dei casi.

La proposta del Parlamento ha introdotto, a sua volta, alcuni emendamenti. Tra i più rilevanti segnaliamo, in particolare, l’abbassamento della soglia oltre cui una violazione delle misure restrittive UE è considerata grave, da €100.000 a € 50.000, e l’introduzione di una sanzione di 10 milioni di euro per le violazioni commesse nell’ambito di operazioni di valore superiore a €100.000, innalzando anche dal 5% al 15% del fatturato la sanzione pecuniaria applicabile alle persone giuridiche. Il Parlamento ha inoltre proposto di introdurre una circostanza aggravante quando la violazione delle misure restrittive riguardi l’esportazione di beni o tecnologie militari, come definiti nella Posizione Comune 2008/944/Pesc del Consiglio.

Come osservato in apertura, ora che le tre istituzioni europee coinvolte nella procedura legislativa ordinaria hanno definito i propri orientamenti, si apre la fase del trilogo europeo, negoziato interistituzionale il cui obiettivo è raggiungere un accordo provvisorio su una proposta legislativa comune tra Parlamento e Consiglio.

I professionisti dello Studio Legale Padovan continueranno a monitorare gli sviluppi della proposta di direttiva, sempre pronti a supportare le aziende italiane nel gestire ogni eventuale problematica legata ai temi delle sanzioni internazionali ed export control.