Il 31 dicembre 2024 è entrato in vigore il primo Correttivo al Codice dei contratti pubblici del 2023 (d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209 – Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).
Tra le numerose modifiche che il Correttivo, con i suoi 97 articoli, ha apportato al testo originario del Codice del 2023 si segnala l’introduzione dell’accordo di collaborazione disciplinato dal nuovo art. 82 bis (uno dei nuovi articoli inseriti dal Correttivo, gli altri sono l’art. 225 bis – Ulteriori disposizioni transitorie e l’art. 226 bis – Disposizioni di semplificazione normativa; a cui si aggiungono gli interventi sugli allegati).
Per comodità si riporta qui di seguito il testo dell’art. 82 bis d.lgs 36/2023 come introdotto dall’art. 29 d.lgs. 209/2024 (per completezza si rinvia al testo ufficiale pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 305 del 31-12-2024 – Suppl. Ordinario n. 45).
«Art. 82- bis. – Accordo di collaborazione
- Le stazioni appaltanti possono inserire nei documenti di gara di cui all’articolo 82 lo schema di un accordo di collaborazione plurilaterale con il quale le parti coinvolte in modo significativo nell’esecuzione di un contratto di lavori, servizi o forniture, disciplinano le forme, le modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione al fine di perseguire l’obiettivo del risultato di cui all’articolo 1, mediante la definizione di meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti finalizzati alla prevenzione e riduzione dei rischi e alla risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo. L’accordo di collaborazione non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti al medesimo collegati, strumentali all’esecuzione dell’appalto e non ne integra i contenuti.
- Lo schema di accordo è redatto in coerenza con l’allegato II-6-bis, e definisce, in considerazione dell’oggetto del contratto principale, gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione, nel rispetto del principio della fiducia di cui all’articolo 2, indicando, altresì, le eventuali premialità previste per la realizzazione dei medesimi obiettivi.
- All’esito dell’aggiudicazione, la stazione appaltante sottopone l’accordo di collaborazione alla sottoscrizione dell’appaltatore e delle altre parti coinvolte in misura significativa, individuate ai sensi dell’articolo 2 dell’allegato II-6 bis. L’accordo disciplina le modalità di adesione degli ulteriori operatori economici coinvolti nella fase dell’esecuzione in un momento successivo alla sottoscrizione del medesimo.
- Al fine di monitorare gli effetti prodotti dalle disposizioni di cui al presente articolo, le stazioni appaltanti comunicano alla piattaforma del Servizio contratti pubblici gli accordi di collaborazione stipulati all’esito della fase di aggiudicazione. Il Servizio Contratti Pubblici di cui all’articolo 223, comma 10, gli accordi di collaborazione stipulati all’esito della fase di aggiudicazione. Il Servizio contratti pubblici monitora i risultati perseguiti nella fase dell’esecuzione mediante l’accordo di collaborazione e riferisce periodicamente alla Cabina di regia di cui all’articolo 221».
La disciplina dell’istituto si completa attraverso le previsioni del nuovo Allegato II.6-bis, richiamato dallo stesso art. 82 bis, e introdotto dall’art. 89 del Correttivo. L’Allegato II-6 bis è suddiviso nei seguenti 4 articoli: Articolo 1 – Definizione; Articolo 2 – Parti dell’accordo e soggetti della collaborazione; Articolo 3 – Struttura e contenuti dell’accordo di collaborazione; Articolo 4 – Sistema di risoluzione alternativa delle controversie.
I. Inquadramento e definizione
Per collocazione sistematica, l’art. 82 bis integra il gruppo di norme sugli atti preparatori delle procedure di gara preordinate all’affidamento dei contratti pubblici. La disposizione segue l’art. 82, che elenca i documenti di gara, e rimette alle stazioni appaltanti la possibilità di includere tra i documenti di gara pure uno schema di accordo di collaborazione tra coloro dai quali dipende a vario titolo l’esecuzione del contratto.
A livello definitorio l’accordo di collaborazione è lo strumento che regola forme, modalità, obiettivi della reciproca collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione del contratto. Per espressa previsione normativa l’accordo di collaborazione non può né sostituire né integrare il contratto di appalto e gli altri contratti ad esso collegati strumentali all’esecuzione (art. 82 bis c. 1).
Questi espliciti e specifici limiti sono veri e propri tratti essenziali del paradigma normativo a cui la figura dell’accordo di collaborazione deve necessariamente corrispondere. D’altronde, come è stato rimarcato, l’accordo “è volto esclusivamente a regolare le interrelazioni tra i soggetti che operano, in maniera significativa, nella fase di esecuzione” (v. Servizio Studi Senato della Repubblica-Servizio Studi Camera dei deputati, Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici. Atto del Governo n. 226, Dossier XIX Legislatura, 22 novembre 2024, pag. 49).
Dalla disciplina emerge una diretta correlazione tra l’accordo di collaborazione e i principi generali enunciati dal Codice dei contratti pubblici, in particolare con
- il principio del risultato, definito in estrema sintesi (art. 1) come “… il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”;
- il principio della fiducia, nel quale si esprime in estrema sintesi (art. 2) la “… reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.
Tale correlazione si riflette sui contenuti dell’accordo di collaborazione.
Spicca, anzitutto, la finalizzazione a perseguire il principio del risultato a cui deve essere rivolta la collaborazione. Contenutisticamente, l’accordo deve declinare forme-modalità-obiettivi della collaborazione proprio in funzione del raggiungimento di tale fine (art. 82 bis c. 1).
Al contempo, emerge altresì la necessaria rispondenza al principio della fiducia. Al quale, infatti, deve risultare coerente la disciplina delineata nell’accordo sugli obiettivi della collaborazione (art. 82 bis c. 2).
A ciò si aggiunge il richiamo a buona fede e correttezza quali criteri cui devono uniformarsi tutti gli aderenti all’accordo nell’attuazione della reciproca collaborazione, oltre che nella risoluzione delle controversie eventualmente insorte tra di loro (art. 2 c. 4 e art. 4 c. 1 dell’Allegato II.6-bis).II. Parti dell’accordo, soggetti dell’esecuzione dell’accordo, sottoscrizione e monitoraggio
L’accordo di collaborazione è un accordo “plurilaterale” che viene sottoscritto dalla stazione appaltante, dall’appaltatore e dalle altre parti coinvolte in misura significativa nell’esecuzione del contratto, nonché – eventualmente – da altri soggetti pubblici e privati.
Le parti
L’individuazione delle parti dell’accordo è effettuata dall’art. 2 dell’Allegato II.6-bis che distingue, fondamentalmente, quattro gruppi di soggetti:
- la stazione appaltante e le diverse figure riconducibili alla parte “pubblica” quali: RUP, Direttore dei lavori, Coordinatore per la sicurezza, progettista per le opere realizzate ai sensi dell’art. 43 del Codice (ossia secondo metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni);
- l’appaltatore;
- i sub appaltatori, i sub contraenti, i fornitori coinvolti in misura significativa nell’esecuzione del contratto;
- ulteriori soggetti pubblici e privati invitati ad aderire dalla stazione appaltante anche su motivata istanza dell’appaltatore.
Alla platea dei possibili sottoscrittori dell’accordo di collaborazione potrebbero associarsi alcune difficoltà applicative.
In sede consultiva, il Consiglio di Stato ha rilevato la criticità correlata alla scelta di includere coloro che intervengono nella fase esecutiva per la stazione appaltante. Così si legge nel parere reso da Palazzo Spada: “in assenza di indicazioni specifiche nelle relazioni e nella documentazione accompagnatoria dello schema, si osserva che l’implicito superamento del principio di tipicità legale dell’immedesimazione organica derivante dall’investitura della qualità di parte delle menzionate figure è di per sé giuridicamente problematico e comporta criticità nel processo decisionale e gestionale dell’accordo di collaborazione per la parte pubblica” (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 143).Anche sul fronte delle parti private diverse dall’appaltatore può prospettarsi qualche profilo di problematicità. La concreta individuazione dei soggetti chiamati a sottoscrivere l’accordo di collaborazione dipende dal coinvolgimento nell’esecuzione del contratto. Secondo la formulazione dell’art. 2 dell’Allegato II-6 bis il coinvolgimento deve essere qualificabile in termini di “misura significativa”, ma è chiaro che tale espressione esprime un concetto indeterminato in mancanza di una indicazione normativa che predetermini una soglia di rilevanza per stabilire quando il coinvolgimento integra una misura significativa nel senso voluto dalla disposizione.
Su questo specifico piano, la previsione in commento presenta una certa assonanza con la formulazione utilizzata dal Reg. UE 2560/2022 sulle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno. Il Regolamento dettaglia gli adempimenti di notifica delle sovvenzioni estere ricevute da parte dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, facendo convergere nella nozione di operatore economico tenuto agli obblighi di notifica anche subappaltatori e subfornitori “principali” (nel testo inglese del Regolamento: “main subcontractors and suppliers”), coinvolti nell’offerta (art. 28 Reg. UE 2560/2022). Non si vogliono fare parallelismi azzardati, nondimeno in sede di analisi pare utile sottolineare che entrambi gli impianti normativi, il Regolamento unionale sulle sovvenzioni estere e il Correttivo al Codice dei contratti pubblici, si rivolgono ad un ambito soggettivo allargato tale da ricomprendere, oltre all’aggiudicatario del contratto d’appalto, anche gli altri soggetti coinvolti nell’offerta (il Regolamento UE 2560/2022) o nell’esecuzione (il Correttivo). Si intende dire che nell’utilizzo del termine “principali” è ravvisabile una scelta lessicale non dissimile – mutatis mutandis – dalla scelta fatta dal legislatore interno tramite la locuzione “in misura significativa”. Tuttavia, tra i due articolati si segnala una sostanziale differenza: il Regolamento UE esplicita i criteri attraverso i quali identificare subcontraenti e subfornitori principali, e lo fa con la seguente precisazione “Ai fini del presente regolamento, un subappaltatore o fornitore è considerato principale se la sua partecipazione garantisce l’apporto di elementi essenziali ai fini dell’esecuzione dell’appalto e, in ogni caso, se la quota economica del suo contributo supera il 20 % del valore dell’offerta presentata” (art. 29 Reg. UE 2560/2022). E se il criterio qualitativo – identificato nell’apporto di elementi essenziali – appare a sua volta indeterminato, per contro il criterio quantitativo – contributo superiore al 20% del valore dell’offerta – indica una grandezza di riferimento sufficientemente definita. Il Correttivo, invece, rimette ad un accordo tra stazione appaltante e appaltatore il compito di stabilire quali siano i soggetti coinvolti in misura significativa “tenuto conto dell’oggetto e del valore del subappalto, del sub-contratto o della fornitura, e della rilevanza delle prestazioni al fine del raggiungimento del risultato perseguito con il contratto principale” (art. 2 c. 2 lett. c) dell’Allegato II-6 bis). I criteri così enucleati, per quanto orientativi, non stabiliscono un valore-soglia che vincoli le parti del contratto principale (stazione appaltante e appaltatore) nell’individuazione dei sottoscrittori dell’accordo di collaborazione.
I soggetti dell’esecuzione dell’accordo
Illustrate alcune possibili criticità prospettabili nella individuazione concreta delle parti, si passa ora a considerare un’ulteriore categoria: i soggetti dell’esecuzione dell’accordo. Non sono parti, ma figure diverse alle quali è assegnato un ruolo di coordinamento o di supporto (art. 2 c. 5 dell’Allegato II-6 bis). Si individuano:
- il direttore strategico, soggetto imparziale, dotato di competenze e capacità organizzative, al quale è affidato il coordinamento delle parti anche al fine di migliorare la collaborazione tra le stesse;
- eventuali consulenti delle parti con il compito di monitorare l’andamento della collaborazione e di supportare le parti nel raggiungimento degli obiettivi dell’accordo.
Sottoscrizione e monitoraggio
Quanto agli aspetti di carattere procedimentale, la sottoscrizione dell’accordo di collaborazione avviene all’esito dell’aggiudicazione (art. 82 bis c. 3). Peraltro, è lo stesso accordo a modulare l’adesione degli operatori economici coinvolti nell’esecuzione in un momento successivo (art. 82 bis c. 3, ultimo periodo).
Si segnala, inoltre, l’obbligo di comunicazione degli accordi di collaborazione stipulati da parte delle stazioni appaltanti verso la piattaforma del Servizio contratti pubblici di cui all’art. 223 c. 10 (art. 82 bis c. 4). L’adempimento è funzionale a che il Servizio contratti pubblici effettui il monitoraggio dei risultati perseguiti nella fase dell’esecuzione mediante l’accordo di collaborazione e riferisca poi, periodicamente, alla Cabina di regia di cui all’art. 221.
III. Contenuti
Lo schema di accordo, predisposto dalla stazione appaltante e messo a disposizione unitamente agli atti di gara, deve essere redatto in modo coerente con le previsioni dall’Allegato II.6-bis “e definisce, in considerazione dell’oggetto del contratto principale, gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione, nel rispetto del principio della fiducia di cui all’articolo 2, indicando, altresì, le eventuali premialità previste per la realizzazione dei medesimi obiettivi” (art. 82 bis c. 2).
Qui di seguito si illustrano brevemente i contenuti e la struttura dell’accordo di collaborazione per come delineati dall’Allegato II.6-bis.
Premesse generali (art. 3 c. 1 e c. 2 dell’Allegato II.6-bis). Formano parte integrante e sostanziale dell’accordo, e illustrano: contesto di riferimento, caratteristiche dell’appalto, ragioni alla base della stipulazione dell’accordo di collaborazione, principi e obiettivi (principali e collaterali) della collaborazione.
Oggetto, attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi (principali e collaterali), impegni delle parti (art. 3 c. 1 lett. a), e c. 3-4 dell’Allegato II.6-bis). La definizione degli obiettivi principali e collaterali della collaborazione costituisce un contenuto centrale dell’accordo.
Gli obiettivi principali, da individuare in modo coerente con l’oggetto e con le caratteristiche specifiche dell’appalto, riguardano:
- attività/compiti/scambio di informazioni necessarie al rispetto dei tempi di esecuzione;
- modalità di verifica delle prestazioni eseguite;
- contenimento del costo o del prezzo del contratto (entro i limiti di spesa fissati dal contratto stesso);
- ogni ulteriore aspetto funzionale al raggiungimento del risultato.
Gli obiettivi collaterali individuano attività e impegni finalizzati al conseguimento di ulteriori benefici di comune interesse, tenuto conto anche degli aspetti sociali-culturali-ambientali connessi all’appalto. Vi rientra la promozione della partecipazione a subappalti o subcontratti da parte delle PMI con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento per le prestazioni di cui all’art. 108 c. 7 terzo periodo (ossia per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione).
Modalità di verifica degli obiettivi di collaborazione (art. 3 c. 1 lett. b), e c. 5 dell’Allegato II.6-bis). La disciplina delle modalità di verifica viene articolata mediante:
- la definizione di indicatori di prestazione o di risultato
- l’individuazione delle scadenze temporali di: a) monitoraggio e di b) raggiungimento degli obiettivi a cui sono connesse eventuali premialità.
Meccanismi di prevenzione/riduzione dei rischi, meccanismi di risoluzione delle controversie relative all’esecuzione dell’accordo di collaborazione, sistema di allerta (art. 82 bis c. 1; art. 1, art. 3 c. 1 lett. c), e c. 6, nonché art. 4 dell’Allegato II.6-bis). Prevenzione e riduzione dei rischi, così come la risoluzione delle controversie, risultano testualmente associati alla definizione di meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti (art. 82 bis c. 1; art. 1 dell’Allegato II.6-bis). È ragionevole ritenere che i rischi da prevenire e ridurre siano quelli afferenti alla esecuzione del contratto d’appalto. D’altronde nel parere del Consiglio di Stato viene fatto riferimento ai “rischi di crisi ed inattuazione del programma negoziale” (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 50).
La risoluzione delle controversie relative all’esecuzione dell’accordo è specificamente disciplinata dall’art. 4 dell’Allegato II.6-bis su cui ci si soffermerà più avanti.
Quanto al sistema di allerta, esso è finalizzato a:
- prevenire eventuali criticità che potrebbero compromettere la corretta esecuzione dell’accordo di collaborazione;
- fornire tempestivi rimedi.
Testualmente dall’Allegato II.6-bis si ricava che il sistema di allerta è uno strumento previsto “in coerenza con il principio del risultato”.
Responsabilità per l’esecuzione dell’accordo (art. 3 c. 1 lett. d) dell’Allegato II.6-bis). Le responsabilità sono determinate in ragione delle attività e dei compiti conferiti a ciascuna parte.
Eventuali premialità (art. 3 c. 1 lett. e), e c. 7-8 dell’Allegato II.6-bis). Si possono stabilire meccanismi di premialità connessi al raggiungimento degli obiettivi (principali e collaterali). Devono però essere previsti nello schema di accordo inserito tra i documenti di gara, e dunque non potrebbero essere introdotti successivamente.
Le premialità possono consistere:
- nell’inserimento degli operatori economici aderenti all’accordo di collaborazione negli elenchi e negli albi per l’affidamento di contratti di lavori-servizi-forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 14;
- nella previsione di opzioni;
- in premi economici connessi al raggiungimento degli obiettivi della collaborazione;
- in premi reputazionali consistenti nell’attribuzione di criteri premiali per le successive procedure di affidamento.
Sulla configurazione delle premialità in termini di premi economici si sono appuntate alcune osservazioni critiche del Consiglio di Stato che vi ravvisa, per un verso, una duplicazione del premio di accelerazione di cui all’art. 126 e, per altro verso, l’introduzione di contenuti incidenti sulle previsioni contrattuali in aperto contrasto con la natura stessa dell’accordo di collaborazione il quale ai sensi dell’art. 82 bis non può sostituire o integrare le clausole del contratto d’appalto (v. retro).
In concreto, l’Allegato II.6-bis stabilisce che la determinazione dei premi economici sia effettuata a cura della stazione appaltante “in coerenza con l’art. 126 del Codice, tenuto conto della rilevanza dell’obiettivo raggiunto, e comunque nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito del quadro economico dell’intervento”. Queste le considerazioni espresse dal Consiglio di Stato: “La clausola di coerenza non pare di per sé idonea a chiarire in che termini si coordinino gli istituti di premialità dell’accordo con il premio di accelerazione previsto dall’articolo 126 del Codice, cosicché la previsione di tali istituti pare una duplicazione del premio di accelerazione. Qualora si intenda che i medesimi istituti abbiano carattere aggiuntivo o sostitutivo rispetto al premio di accelerazione, la previsione di tali premialità nell’accordo di collaborazione verrebbe ad incidere su obblighi contrattuali, contraddicendo l’articolo 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis [nel testo definitivo del Correttivo la previsione è stata spostata nell’art. 82 bis, ndr]. Nel caso in cui si intenda prevedere la possibilità di un cumulo di istituti premiali occorrerebbe anche valutarne il rilievo sotto il profilo di una realistica sostenibilità finanziaria” (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 144).
Funzioni e attività delle parti e dei soggetti della collaborazione (art. 3 c. 1 lett. f), e c.3-4, nonché art. 2 c. 3 e 5 dell’Allegato II.6-bis). Le attività delle parti sono correlate alla declinazione degli obiettivi della collaborazione.
A questa osservazione generale vanno aggiunte alcune considerazioni specifiche.
Per quanto attiene alle parti che rientrano nella categoria dei soggetti invitati ad aderire all’accordo di collaborazione (ex art. 2 c. 1 ultimo periodo e c. 3 dell’Allegato II.6-bis), l’accordo stesso, oltre a stabilire le condizioni dell’adesione, definisce funzioni e attività di tali soggetti in coerenza con i compiti loro attribuiti dalla legge.
Quanto ai soggetti della collaborazione – direttore strategico ed eventuali consulenti delle parti – le funzioni e le attività da definire attengono alle precipue attribuzioni degli stessi: coordinamento (per quanto attiene al direttore strategico); monitoraggio della collaborazione e supporto nel raggiungimento degli obiettivi (per quanto attiene ai consulenti).
Ipotesi e modalità di scioglimento dell’accordo (art. 3 c. 1 lett. g), e c. 9 dell’Allegato II.6-bis). Le ipotesi di scioglimento dell’accordo di collaborazione devono essere definite nell’accordo stesso e possono derivare da cause:
- attinenti al raggiungimento dello scopo;
- attinenti al raggiungimento della scadenza degli adempimenti previsti;
- imputabili ad una grave e non giustificata violazione degli impegni concordati ad opera delle parti aderenti.
L’accordo deve disciplinare il procedimento da seguire al verificarsi delle ipotesi di scioglimento.
IV. Risoluzione delle controversie
Come si è accennato, tra i contenuti dell’accordo di collaborazione è ricompresa anche la previsione dei meccanismi di risoluzione delle controversie (art. 3 c. 1 lett. c) dell’Allegato II.6-bis). Peraltro, alla risoluzione delle controversie è appositamente dedicato l’art. 4 dell’Allegato II.6-bis, ove risulta delineato un sistema di risoluzione alternativa.
In primo luogo, la sottoscrizione dell’accordo impegna le parti a risolvere eventuali controversie in buona fede facendo ricorso agli strumenti collaborativi previsti dall’accordo stesso (cd. risoluzione in forma collaborativa).
In secondo luogo, con riferimento ai casi in cui non sia possibile la risoluzione in forma collaborativa, l’accordo individua in via preferenziale il ricorso agli strumenti alternativi di risoluzione previsti dal Codice dei contratti pubblici (Libro V, Parte I, Titolo II, artt. 210-220).
Infine, è previsto che in caso di costituzione di un collegio consultivo tecnico, le parti dell’accordo di collaborazione sono tenute ad osservare i pareri e le determinazioni del collegio, ove incidenti su aspetti regolati dall’accordo. La formulazione della norma, come varata nella versione definitiva del Correttivo, rispecchia le indicazioni espresse dal Consiglio di Stato in sede consultiva (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 145).
V. Considerazioni conclusive. Un istituto divisivo: best practice o aggravamento?
La Relazione Illustrativa presenta l’accordo di collaborazione come strumento che promuove “la responsabilizzazione di tutte le parti rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto, dal punto di vista di rispetto dei tempi di esecuzione, dei costi, nonché della verifica degli adempimenti”. Il documento precisa che tale istituto “rientra tra le best practices internazionali, che testimoniano come l’accordo di collaborazione favorisca il dialogo permanente tra le parti, riduca il contenzioso e promuova comportamenti virtuosi anche nella risoluzione dei problemi sorti in fase di esecuzione” (Relazione Illustrativa, pag. 39 e 107, enfasi aggiunta; analogamente, Servizio Studi Senato della Repubblica-Servizio Studi Camera dei deputati, Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici. Atto del Governo n. 226, Dossier XIX Legislatura, 22 novembre 2024, pag. 48 e 50).
In questa prospettiva si pone anche il parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale si è espresso rilevando che «esistono già nella prassi accordi di collaborazione che vengono stipulati a legislazione vigente. I primi dati disponibili dimostrano che questi accordi riducono il contenzioso, favoriscono il rispetto dei tempi e il contenimento dei costi. Si intende con la “positivizzazione” di tale istituto dare una veste unica alle sperimentazioni spurie che si stanno avendo sul territorio, scongiurando al contempo che tale nuovo strumento sia un atto integrativo del contratto dal punto di vista civilistico» (parere MIT, in atti della Conferenza Unificata, Parere ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 21 giugno 2022, n. 78, sullo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”, Rep. atti n. 153/CU del 3 dicembre 2024, sub “A. Ulteriori proposte emendative allo schema di D. Lgs. correttivo del codice dei contratti pubblici (articolato)”, pag. 17).
Anche l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ha assunto una posizione favorevole sull’istituto, in quanto esso rappresenta “un modello contrattuale particolarmente adatto per grandi progetti complessi, basato sulla collaborazione di tutte le parte coinvolte (stazione appaltante, appaltatore, subappaltatori, fornitori ecc.), che si impegnano a collaborare in buona fede per raggiungere un obiettivo comune, condividendo il risultato positivo o negativo del progetto” (memoria ANCE prodotta in sede di audizione presso le Commissioni Ambiente di Camera e Senato, 27 novembre 2024, pag. 14).
Per contro, nel corso dei lavori preparatori non sono mancante valutazioni negative sull’introduzione dell’accordo di collaborazione, e ne è stata proposta l’eliminazione dal Correttivo.
In particolare, il parere del Consiglio di Stato si sofferma analiticamente sull’art. 82 bis e sull’Allegato II.6-bis ed espone in modo molto articolato le ragioni contrarie all’inserimento di questo istituto nell’impianto del Codice dei contratti pubblici. Nell’ottica di Palazzo Spada, l’accordo di collaborazione – così come congegnato dal Correttivo – non sarebbe qualificabile come best practice e anzi accrescerebbe la complessità del quadro regolatorio.
Si segnala, tra gli altri, questo passaggio argomentativo: «appare … esile la stessa giustificazione fondante quale best practice, peraltro non precisata in alcune delle sue possibili accezioni (come si dirà), non risultando, cioè, adeguatamente giustificata la necessità di inoltrarsi sul terreno di un complesso assetto concordato che corre il continuo rischio, da un lato, di porre nuovi obblighi e costi a carico delle parti, dall’altro di duplicare, – contraddicendo la sua stessa giustificazione funzionale normativa –, la disciplina già racchiusa nel Codice, con particolare riguardo ad istituti già altrimenti in esso previsti ed ai quali, essenzialmente fa riferimento la normativa del correttivo relativamente ai contenuti potenziali “quasi-tipizzati” del nuovo istituto “contrattuale”.
Per poter giustificare l’istituto in termini di best practice – terminologia a valore polisenso che spazia dalla qualità della regolazione di ogni livello, a particolari scopi di un senso esteso delle politiche industriali nonché di quelle di incentivazione della ricerca e dell’innovazione, fino alle semplici misure di ottimizzazione dell’attività contrattuale esterna adottabili da grandi gruppi economici – sarebbe stato necessario che fossero preventivamente individuati difetti e criticità, nella reciproca collaborazione tra le parti (in un senso articolato per la insistenza, nella materia, del fenomeno di frequenti collegamenti contrattuali), che non fossero già imperativamente disciplinati e, comunque, risolvibili in base al ben diverso strumento, – vincolato, nell’attuale congegno di normazione a fonti multilivello –, dell’adeguamento e dell’aggiornamento della disciplina derivante dal Codice e da quella civilistica. Sarebbe infatti, in ipotesi, una vistosa lacuna di sistema, a cui porre celermente rimedio, che la pluridecennale legislazione e applicazione giurisprudenziale (anche e, in special modo, della Corte di giustizia europea), di tale complesso ordinamento settoriale, non abbia condotto finora ad una soddisfacente applicazione dell’indispensabile aspetto cooperativo (in tutte le sue accezioni attinenti ai principi del risultato, di buona fede e di riduzione e prevenzione dei rischi) che garantisce, in ultima analisi, l’esattezza dell’adempimento delle prestazioni. Ma le cause e le dinamiche di tale eventuale lacuna risultano, appunto, ope legis inserite in un procedere per “successiva approssimazione” in cui la mano, ben visibile, del Legislatore gioca un ruolo preminente ed ormai fortemente strutturato.
Per converso, non risulta da alcun dato, né da notoria fenomenologia, né da analisi fondate su elementi fattuali e statistici adeguatamente rilevati, che una maggiore esattezza e celerità degli adempimenti, nell’ambito della contrattualistica pubblica, costituisca un problema correlato univocamente con criticità evitabili e prevenibili ed ex ante risolvibili coi poteri negoziali dispositivi delle parti, senza individuare e soprattutto poter, poi, modificare, le previsioni euro-unitarie (che non sono comunque nella disponibilità del legislatore nazionale). Tale soluzione rimarrebbe pur sempre affidata all’elevata incertezza della praticabilità/liceità di accordi tra le parti che non possono, in apice, derogare al sistema delle norme imperative “multilivello”» (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 53-55).
Peraltro, la linea del Consiglio di Stato non è di totale chiusura e in essa non si esprime affatto una posizione radicalmente contraria all’istituto. È quanto emerge da un altro passaggio del parere: «In definitiva, l’oggettiva complessità, e conseguente inevitabile onerosità, di elaborazione e gestione di un tale accordo, portano alla conclusione di una forte incertezza circa la sua adeguatezza nell’apportare un quid migliorativo nella gestione esecutiva dei contratti. Tutte queste ragioni, per come finora esposte, consiglierebbero dunque, allo stato, di espungere la relativa previsione. La stessa disciplina, semmai, potrà essere riproposta dopo un’accurata ricognizione dei suoi contenuti concreti normativamente compatibili, sul piano negoziale-dispositivo e della procedimentalizzazione, con l’intera sistematica in cui si inseriscono; tale ricognizione dovrà essere correlata ad un’analisi di impatto completa e realistica, in particolare sotto il profilo costi/benefici (analisi di cui non vi è traccia nell’allegata AIR)» (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, parere n. 1463/2024 del 2 dicembre 2024, pag. 58-59).
L’eliminazione dell’art. 82 bis è stata proposta pure dalle Regioni in sede di Conferenza Unificata per la seguente motivazione: “Non è chiara l’utilità di questa previsione che sembra eccedere l’ambito della delega per il correttivo” (motivazioni Regioni, in atti della Conferenza Unificata, loc. ult. cit.).
Parimenti critiche sono state alcune posizioni espresse nell’ambito dei lavori della Commissione Ambiente. Il parere finale approvato dalla Commissione (favorevole con osservazioni) non formalizza rilievi sull’accordo di collaborazione, invece, le proposte alternative di parere presentate da alcuni Gruppi assumono posizioni critiche rispetto alla disciplina dell’art. 82 bis alla luce di motivazioni che riprendono talune considerazioni del Consiglio di Stato (v. Camera dei Deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni Parlamentari, 17 dicembre 2024, VIII Commissione permanente, pag. 356-393).
Per concludere, dall’esame degli atti parlamentari e dei documenti acquisiti nel corso dell’iter legislativo appare evidente che l’introduzione dell’istituto non sia dunque avvenuta senza contrasti. Occorrerà attendere le concrete applicazioni di questa nuova disciplina per valutare le implicazioni effettive dell’accordo di collaborazione nella prassi dell’esecuzione dei contratti pubblici.
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