SANZIONI ECONOMICHE INTERNAZIONALI: LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA RESPINGE IL RICORSO DEL VENEZUELA

Sanzioni economiche internazionali: la Corte di Giustizia dell’Unione europea respinge il ricorso del Venezuela

Con sentenza pubblicata il 13 settembre 2023 nella Causa T-65/RENV, la Corte Generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea (“CGUE”) ha rigettato il ricorso – presentato ex Articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”) – proposto dal Venezuela per ottenere l’annullamento i) degli articoli 2, 3, 6 e 7 del Regolamento (UE) 2017/2063 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela, ii) del Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1653 che attua il Regolamento (UE) 2017/2063 e iii) della Decisione (PESC) 2018/1656 che modifica la Decisione (PESC) 2017/2074, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela.

Gli atti contro cui è stato proposto il ricorso per annullamento proibiscono a soggetti ed entità unionali di esportare in Venezuela i) armi, beni e tecnologie elencati nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea, ii) attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e iii) apparecchiature, tecnologie o software utilizzabili per controlli o intercettazioni sulle comunicazioni via internet o telefoniche. Allo stesso tempo, gli stessi permettono di adottare misure di congelamento di fondi e risorse economiche nei confronti di individui ed entità venezuelani.

Il Venezuela asseriva, a sostegno del ricorso per annullamento, i) la violazione del suo diritto ad essere auditi dal Consiglio dell’UE nella procedura che ha portato all’adozione degli atti impugnati, ii) difetti di motivazione nell’adozione di tali atti, iii) errore manifesto e inesattezze materiali nella valutazione, da parte del Consiglio, della situazione politica interna al Venezuela e iv) violazioni del diritto internazionale, nella misura in cui le sanzioni adottate dal Consiglio rappresentano contromisure illegittime che violano l’obbligo di non interferenza negli affari interni di uno Stato.

Con riferimento alla prima questione, la Corte Generale ha negato l’esistenza del diritto – rivendicato dal Venezuela – ad essere audito dal Consiglio nel corso della procedura che ha poi portato all’adozione delle misure restrittive. La Corte Generale, infatti, ha affermato che il diritto di audizione all’interno di un procedimento amministrativo non è applicabile alle procedure previste dall’Articolo 29 del Trattato sull’unione europea (“TUE”) e dall’Articolo 215 del TFUE, e che gli atti impugnati dal Venezuela costituiscono atti a portata generale che riflettono decisioni di politica internazionale dell’UE. Pertanto, garantire il diritto di audizione ad un Paese terzo prima di adottare un regolamento che si riferisce a tali decisioni equivarrebbe, secondo la Corte Generale, ad obbligare il Consiglio a condurre discussioni simili a negoziati internazionali con quel Paese, dunque eliminando il risultato che ci si propone di raggiungere con l’adozione di misure restrittive, ossia esercitare pressioni nei confronti di uno Stato affinché esso alteri il suo comportamento e le sue decisioni.

Con riferimento alla seconda e alla terza questione, la Corte Generale ha riconosciuto che il Consiglio ha motivato ampiamente e in modo soddisfacente le sanzioni decise nei confronti del Venezuela, e che i fatti sulla base dei quali sono state adottate tali misure restrittive erano solidi e ben circostanziati. Secondo la Corte, quindi, il Venezuela non è riuscito a dimostrare il contrario; pertanto, entrambi i motivi di ricorso sono stati rigettati.

Con il quarto e ultimo argomento, il Venezuela asseriva che gli atti impugnati costituiscono contromisure illegittime, che violano il diritto internazionale, nonché il principio di proporzionalità, e che costituiscono un’indebita ingerenza negli affari interni del Paese, in violazione del principio di non interferenza. Il Venezuela sosteneva, inoltre, che l’UE non aveva diritto di adottare tali misure senza la previa autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

In primo luogo, la Corte Generale ha osservato che le misure restrittive sono state adottate dal Consiglio alla luce del continuo deterioramento della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani in Venezuela, con l’obiettivo di prevenire un ulteriore peggioramento della situazione. Pertanto, ad avviso della Corte, gli atti impugnati non costituiscono contromisure adottate in seguito a violazioni, da parte del Venezuela, di obblighi internazionali a cui esso è sottoposto, e che le misure restrittive non sono state adottate in reazione ad un illecito internazionale attribuibile al Venezuela. Nell’impostazione seguita dalla Corte, essa ha quindi concluso che le misure restrittive non costituiscono delle contromisure ex articolo 49 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati, negando, di conseguenza, l’esistenza di una violazione del principio di non interferenza negli affari interni di uno Stato.

Con riferimento alla mancanza di previa autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Corte Generale ha osservato che i poteri conferiti all’UE dagli Articoli 29 TUE e 215 TFUE non si limitano all’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU ma che, al contrario, conferiscono al Consiglio il potere di adottare autonome sanzioni e misure restrittive. La Corte ha inoltre stabilito che il Venezuela ha fallito nel dimostrare l’esistenza di una norma internazionale generale che richiede la previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza per l’adozione di misure restrittive, rigettando le argomentazioni proposte sul punto.

Con riferimento alla violazione del principio di proporzionalità, la Corte ha osservato che al legislatore europeo deve essere riconosciuta ampia discrezionalità nelle decisioni che implicano complesse valutazioni politiche, sociali ed economiche – come quelle che riguardano la politica estera e di sicurezza ­­– e che violazioni del principio di proporzionalità sono possibili, in tale ambito, solo in presenza di misure manifestamente inappropriate. Nel caso di specie, la Corte Generale ha quindi riconosciuto l’esistenza di un nesso ragionevole tra le misure restrittive e gli obiettivi perseguiti con la loro adozione, negando la violazione del principio di proporzionalità.

Da ultimo, il Venezuela sosteneva che le misure restrittive comportassero un effetto extraterritoriale. Sul punto, la Corte ha osservato che il potere del Consiglio di adottare misure restrittive ricade nel novero di decisioni che possono essere adottate dall’UE nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, e che tali misure non possono che avere un impatto nei confronti degli Stati terzi interessati. Tuttavia, ad avviso della Corte Generale, le misure restrittive adottate nei confronti del Venezuela non hanno una portata extraterritoriale, dato che esse si applicano solo a individui ed entità unionali, soggetti esclusivamente alla giurisdizione degli Stati membri dell’UE. Secondo la Corte, quindi, l’Unione non ha esercitato i suoi poteri nel territorio del Venezuela, o nei confronti di soggetti o entità lì stabiliti, respingendo le argomentazioni proposte dal Paese latino-americano.