Arbitrato societario con sede estera: la Cassazione riconosce il lodo se garantita la terzietà nella nomina degli arbitri
Con sentenza del 4 aprile 2025, la Corte di cassazione, nel contesto del riconoscimento in Italia di un lodo straniero, ha fornito importanti chiarimenti circa la differenza tra le norme che regolano la validità sostanziale di una clausola compromissoria e la lex arbitri (la legge della sede dell’arbitrato, i.e., la legge processuale che regola il procedimento arbitrale) nel contesto dell’arbitrato societario.
La pronuncia in esame prende le mosse da un’opposizione al riconoscimento e all’esecuzione in Italia di un lodo arbitrale reso in virtù di una clausola compromissoria in favore di un tribunale arbitrale ICC con sede in Svizzera; detta clausola era contenuta nello statuto di una società con sede legale in Italia.
Per quanto concerne il quadro normativo nel quale si inserisce la sentenza, il d.lgs. n. 5/2003 (applicabile ratione temporis) contiene una serie di disposizioni speciali in materia di arbitrato societario. L’art. 34 co. 2° stabilisce che la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società deve prevedere che l’intero collegio arbitrale sia nominato da un soggetto terzo estraneo alla compagine sociale, pena la nullità della clausola mentre l’art. 36 disciplina il procedimento arbitrale, introducendo regole che in parte si discostano dalla disciplina ordinaria dell’arbitrato prevista dal codice di procedura civile.
In questo contesto, il ricorrente asseriva che il lodo non potesse circolare in Italia in quanto il procedimento arbitrale non si era conformato alle disposizioni di cui all’art. 36 d. lgs. 5/2003.
Giunta la questione innanzi alla Cassazione, questa ha respinto il motivo di impugnazione. La Corte ha tracciato una distinzione in relazione alla natura delle menzionate disposizioni del d. lgs. 5/2003. In particolare, l’art. 34 co. 2° – in materia di terzietà nella nomina degli arbitri – attiene alla legge sostanziale che regola la clausola compromissoria (lex causae). Nel caso di specie, dal momento che la legge sostanziale che regola la clausola compromissoria è quella italiana, l’art. 34 co. 2° trova applicazione. Ad ogni modo, essendo state rispettate le prescrizioni ivi contenute, la clausola arbitrale è da considerarsi valida.
Al contrario, l’art. 36 è una norma di tipo processuale e non trova applicazione nella fattispecie concreta avendo l’arbitrato sede in Svizzera.
L’approccio delineato dalla Cassazione è coerente con i principi della Convenzione di New York del 1958, il cui art. V enuclea – in via tassativa – i motivi per cui può essere negata la circolazione di un lodo arbitrale straniero. Tra questi non vi è la conformità del procedimento arbitrale straniero alla disciplina interna del paese in cui si chiede il riconoscimento.
Per le società italiane, soprattutto quelle con struttura multinazionale o con soci esteri, la pronuncia legittima scelte statutarie che localizzino l’arbitrato fuori dai confini nazionali, purché la clausola sia costruita nel rispetto della garanzia di terzietà nella nomina arbitrale.