di Luigi Mula
L’obbligo in questione si inquadra principalmente nell’esigenza di gestire e prevenire l’estrazione di benefici privati dal controllo, esigenza che trova probabilmente nelle industrie bancaria e finanziaria una delle sue massime espressioni. In tali industrie, infatti, gli stakeholders oggetto di tutela non sono soltanto le minoranze ed creditori ma anche i clienti. In altre parole, il patrimonio da salvaguardare non è esclusivamente quello sociale, bensì quello dei clienti.
Com’è noto, tuttavia, normativa bancaria e finanziaria demandano a nuovi decreti attuativi del Ministero dell’Economia e Finanze il compito di dettare criteri valutativi dei requisiti dei consiglieri in questione, ivi incluso del requisito dell’indipendenza, ma tali decreti non sono stati ancora emessi. Nelle more, in relazione a simili requisiti, saranno applicabili gli attuali decreti attuativi del MEF, che tuttavia disciplinano esclusivamente i requisiti di onorabilità e professionalità. Quanto al ruolo dei consiglieri indipendenti, mentre la regolamentazione bancaria delinea le “competenze” degli stessi, la regolamentazione finanziaria prevede l’intervento degli amministratori indipendenti in un unico specifico caso.
Sulla base di queste premesse, si pongono interrogativi sul significato della qualifica di “indipendenti” riferito ai consiglieri di banche, intermediari, gestori e SIM e sul ruolo affidato a tali amministratori negli intermediari finanziari e nei gestori.
Il requisito dell’indipendenza nelle banche e nell’industria finanziaria
In tema di banche e intermediari finanziari, per rintracciare la definizione di “indipendenza” si può far attualmente riferimento a norme di rango secondario quali le circolari della Banca d’Italia 263 del 27 dicembre 2006 (aggiornamento 2011) e 288 del 3 aprile 2015 (aggiornamento settembre 2016) In particolare in nota al Titolo II del Capitolo II di quest’ultima circolare, si legge “(2) In attesa che i requisiti di indipendenza degli esponenti aziendali siano ulteriormente specificati nella disciplina attuativa dell’art. 26 TUB, si fa presente che, nei confronti dei componenti dell’organo di controllo, trovano applicazione i requisiti di indipendenza stabiliti dal codice civile. Per quanto riguarda i requisiti applicabili agli altri esponenti aziendali, in attesa delle citate disposizioni attuative, trovano applicazione i requisiti di indipendenza eventualmente previsti statutariamente”. Analoga previsione si trova nella circolare 263, cit.
Nelle società quotate il requisito dell’indipendenza viene definito dall’art. 148 comma 3 del TUF, richiamato dall’art. 147-ter comma 4 del TUF e nel regolamento Consob in materia di operazioni con parti correlate 17221 del 12.3.2010, il quale peraltro rinvia alla definizione di cui all’art. 148 comma 3 del TUF.
Parametri interpretativi di rango equivalente non sussistono invece in tema di imprese di investimento e gestione collettiva del risparmio. Neanche il Regolamento Congiunto di Consob e Banca d’Italia in materia di organizzazione e procedure degli intermediari del 30 ottobre 2007, che pur assegna un ruolo ai consiglieri indipendenti, definisce il termine “consigliere indipendente” o detta criteri interpretativi al riguardo.
La definizione di consigliere indipendente nei gestori viene rimessa quindi all’autodisciplina ed in particolare al Protocollo di autonomia per la gestione dei conflitti di interesse di Assogestioni, applicabile alle società di gestione del risparmio, SICAV e SICAF.
Ai sensi del protocollo, in particolare, “Si considerano indipendenti i consiglieri non esecutivi che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con la Società o con soggetti”. Oltre a fornire una definizione di indipendenza, il protocollo indica anche le fattispecie nelle quali il requisito dell’indipendenza non può ritenersi rivestito.
Non consta sussistere invece un simile parametro interpretativo per le SIM.
Pertanto, In tema di requisito di indipendenza il quadro normativo bancario e finanziario allo stato si presenta parzialmente incompleto ed eterogeneo.
Il ruolo del consigliere indipendente nelle banche e nell’industria finanziaria
Come per il requisito di indipendenza, anche per il ruolo del consigliere indipendente si registra una certa eterogeneità tra regolamentazione bancaria e finanziaria.
Quanto alla regolamentazione bancaria, le istruzioni di vigilanza per le banche delineano con un certo grado di dettaglio l’intervento dei consiglieri indipendenti, prevedendo il loro coinvolgimento nell’approvazione delle operazioni con parti correlate o, a seconda dei casi, nelle relative policies. Le disposizioni di vigilanza per intermediari finanziari prevedono invece che gli intermediari si dotino di procedure operative e di controllo in grado di prevenire e, ove non sia possibile, attenuare potenziali conflitti di interesse.
Anche relativamente alle società quotate, il regolamento Consob 17221 del 12.3.2010 prevede l’obbligo per gli emittenti di dotarsi di una procedura, prevedendo un contenuto minimo di tali procedure ed un ruolo per gli amministratori indipendenti. Il riferimento è naturalmente al ben diverso l’approccio regolamentare in materia di servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio. La relativa regolamentazione assegna infatti al consigliere indipendente un ruolo unicamente in materia di remunerazioni, prevedendo la presenza degli amministratori indipendenti nel comitato remunerazioni. Il comitato remunerazioni è attualmente previsto soltanto per i gestori alternativi, ma tale previsione è destinata ad essere allargata anche agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari per effetto della recente modifica del testo dell’art. 39 del Regolamento Congiunto in linea con la UCITS V.
Relativamente ai conflitti di interesse, invece, il Regolamento Congiunto ed il Regolamento 231/2013 UE (rispettivamente per gli intermediari e per i gestori) si limitano a prevedere un obbligo di dotarsi di politiche per la gestione dei conflitti di interesse e di istituire, nell’ambito di tali politiche, procedure rivolte alla gestione dei conflitti di interessi. La regolamentazione non prescrive alcun contenuto minimo per le procedure né tanto meno se i consiglieri indipendenti abbiano voce in capitolo in materia di gestione dei conflitti di interessi.
Com’è noto la regolamentazione appena illustrata è di emanazione comunitaria in quanto dettata dalla MiFID con riferimento agli intermediari e dalla AIMFD con riferimento alla gestione collettiva del risparmio.
Il regolamento sulla gestione collettiva del risparmio di Banca d’Italia, a proposito del contenuto minimo dei regolamenti dei fondi di investimento, dispone inoltre che il regolamento debba indicare gli eventuali ulteriori limiti volti a contenere i rischi derivanti da rapporti di gruppo, di affari o dalla prestazione congiunta di servizi di gestione collettiva e individuale.
Anche circa il ruolo del consigliere indipendente, come per il requisito di indipendenza, sarà quindi necessario riferirsi al Protocollo di autonomina di Assogestioni. La sezione 9 del Protocollo, dedicata alla selezione degli investimenti e delle controparti contrattuali, prevede infatti che “L’organo con funzione di supervisione strategica, sentito il parere dei consiglieri indipendenti, determina con delibera i criteri generali ai quali devono uniformarsi le scelte concernenti le operazioni di investimento dei patrimoni gestiti nelle quali sia ravvisabile un con?itto d’interessi.”
Quanto alle controparti contrattuali, invece, l’art. 9.2 del protocollo prevede che “1. L’organo con funzione di supervisione strategica, sentito il parere dei consiglieri indipendenti, determina con delibera i criteri generali per la scelta delle controparti contrattuali e di ripartizione degli incarichi tra le stesse, stabilendo altresì procedure di controllo del rispetto dei predetti criteri nonché la periodicità minima per il riesame e l’aggiornamento degli stessi.” Al comma 2 è previsto inoltre un obbligo di vigilanza da parte dell’organo con funzione di supervisione strategica sull’adeguatezza del contenuto e sulla rispondenza all’interesse dei partecipanti agli OICR e dei clienti delle convenzioni aventi signi?cativa incidenza sui patrimoni gestiti. Nel contesto di tale vigilanza l’organo con funzione di supervisione strategica deve ottenere e tenere in considerazione il parere dei consiglieri indipendenti.
Il protocollo dunque prevede l’intervento degli amministratori indipendenti nell’adozione di criteri per la selezione degli investimenti e delle controparti mentre non prevede un intervento nell’approvazione delle decisioni relative agli specifici investimenti o alle specifiche controparti, nemmeno in funzione di soglie di rilevanza. Il parere degli amministratori indipendenti inoltre non è vincolante.
Non consta invece un analogo approccio regolamentare dell’autodisciplina dei servizi di investimento.
E’ auspicabile un’armonizzazione
Sulla base del quadro regolamentare così delineato nasce dunque un nuovo interrogativo e cioè se, ferma restando l’esigenza di flessibilità nell’organizzazione degli operatori, la differenza di approccio normativo sopra delineata corrisponda ad effettive differenze nell’esigenza di tutela dei clienti di banche e di quelli degli altri operatori finanziari.
A tal riguardo è stato autorevolmente sostenuto che “è probabile che la Banca d’Italia arrivi ad applicare anche alle società di gestione del risparmio principi analoghi a quelli contenuti nelle “Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia in materia di organizzazione e governo societario delle banche”: non sarebbe infatti logico richiedere l’adozione di alcuni presidi di buon governo societario solo alle banche e non agli altri intermediari finanziari pure vigilati.” (Mario Stella Richter Jr “La governance delle società di gestione del risparmio” in quaderno Assogestioni marzo 2009 reperibile al seguente link seguente link >>)
Quanto alla gestione collettiva del risparmio, l’istanza di un intervento regolamentare chiarificatore era peraltro stata già avvertita e segnalata dal rapporto del gruppo di lavoro sui fondi comuni di investimento promosso e coordinato da Banca d’Italia (reperibile al seguente link qui, che proponeva “un regime di incompatibilità tra le cariche amministrative od operative nella società di gestione del risparmio e le analoghe funzioni nel suo gruppo di appartenenza” ed auspicava la presenza di consiglieri indipendenti nell’organo amministrativo delle società di gestione del risparmio e riconoscimento agli stessi di adeguato ruolo. Il rapporto menzionava che “gli amministratori indipendenti dovrebbero essere in numero significativo; il presidente del consiglio di amministrazione dovrebbe essere un indipendente; e gli indipendenti dovrebbero essere la maggioranza nei comitati di controllo interno, di compliance e di remunerazione.”
Simili osservazioni sono state in parte recepite nell’ultima versione del protocollo di Assogestioni. Qualche ulteriore elemento di armonizzazione delle due discipline potrà essere introdotto verosimilmente dai decreti che disciplineranno i criteri valutativi dei requisiti degli esponenti aziendali. Nel frattempo, pur tenendo in debito conto le peculiarità dei servizi prestati dagli operatori e i costi della compliance, un’armonizzazione della disciplina dei conflitti di interesse e delle operazioni con parti correlate nella materia bancaria e finanziaria potrebbe essere benvenuta e, in un simile contesto, gli amministratori indipendenti potrebbero essere chiamati a svolgere un ruolo significativo.
Pubblicato in data 3 Febbraio 2017 sulla rivista online “La Voce degli Indipendenti”.