Il 5 giugno 2019, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato un mandato per i negoziati con il Parlamento europeo per la proposta di un nuovo Regolamento dual use che vada ad innovare l’attuale – ormai in vigore da due lustri – secondo la procedura legislativa ordinaria (d’ora in avanti, anche il “Mandato”).
Rispetto alla proposta lanciata dalla Commissione europea nel 2016 e rivista dal Parlamento UE nel 2018 (d’ora in avanti, anche il “recast”), il Mandato riflette chiaramente il desiderio degli Stati membri dell’UE di adottare un approccio più graduale alla riforma del sistema di controllo europeo dei beni duali.
Excursus
Il 5 giugno 2019, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato un mandato per i negoziati con il Parlamento europeo per la proposta di un nuovo Regolamento dual use che vada ad innovare l’attuale – ormai in vigore da due lustri – secondo la procedura legislativa ordinaria (d’ora in avanti, anche il “Mandato”).
Rispetto alla proposta lanciata dalla Commissione europea nel 2016 e rivista dal Parlamento UE nel 2018 (d’ora in avanti, anche il “recast”), il Mandato riflette chiaramente il desiderio degli Stati membri dell’UE di adottare un approccio più graduale alla riforma del sistema di controllo europeo dei beni duali. In particolare, il Mandato ha rimosso le disposizioni che da subito si erano rilevate più problematiche, ovvero quelle relative alla sorveglianza cibernetica ed ai diritti umani. Al contrario, sono stati aggiunti alcuni elementi rispetto al vigente Reg. (CE) 428/2009, principalmente per allinearne le disposizioni al Codice Doganale dell’Unione – Reg. (UE) 952/2013 (d’ora in avanti, anche il “CDU”), e per chiare alcuni nuovi concetti attraverso opportune definizioni (ad esempio assistenza tecnica e relativa fornitura di assistenza tecnica, uso finale militare).
Le principali novità nel dettaglio
Rispetto all’originario recast, il Consiglio è intervenuto con significativi interventi sui punti più innovativi della proposta di tre anni fa, nonché con nuovi spunti operativi.
1. Sorveglianza informatica e diritti umani
Il Mandato ha rimosso quella che sarebbe stata una Categoria soggetta a controllo specifica della UE e non altrimenti normata dai Multilateral Export Control Regime (MECR), ovvero la Categoria 10 comprendente, nelle intenzioni iniziali, sistemi di sorveglianza, apparecchiature e componenti per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La decisione è dovuta alle preoccupazioni sostanziali che alcuni Stati membri dell’UE hanno espresso in merito all’opportunità di introdurre controlli unilaterali su un così vasto insieme di prodotti, senza passare per un’armonizzazione attraverso i competenti MECR, come il Wassenaar Arrangement, che hanno per l’appunto l’incarico di individuare categorie di prodotti sensibili che vengono poi trasposti nelle legislazioni nazionali di trade control in vigore nei numerosi Paesi membri.
Questo avrebbe avuto delle ovvie ripercussioni negative per gli esportatori europei di quei prodotti e sistemi a tutto vantaggio degli esportatori extra-europei (Israele, USA, Russia e Regno Unito post-Brexit ad esempio).
Nello specifico, dalla formulazione proposta dalla Commissione in Art. 2 del recast in merito alla definizione di beni dual-use, viene espunta nel Mandato la parte seguente.
(b) cyber-surveillance technology which can be used for the commission of serious violations of human rights or international humanitarian law, or can pose a threat to international security or the essential security interests of the Union and its Member States.
Ancora, dalla formulazione proposta dalla Commissione in Art. 4 del recast che disciplina i controlli c.d. catch-all, relativi a beni duali non inclusi negli allegati regolamentari, viene espunta nel Mandato la parte seguente.
(d) for use by persons complicit in or responsible for directing or committing serious violations of human rights or international humanitarian law in situations of armed conflict or internal repression in the country of final destination, as identified by relevant public international institutions, or European or national competent authorities, and where there is evidence of the use of this or similar items for directing or implementing such serious violations by the proposed end-user;
(e) for use in connection with acts of terrorism
Commento
Tale rimodulazione pare condivisibile: i controlli unilaterali non collimano con la funzione primaria che dalla regolamentazione sul duplice uso dovrebbe essere assolta, ovvero impedire utilizzi proliferanti di beni sensibili da parte di attori critici – in quanto tali beni potrebbero essere comunque disponibili (e non controllati) presso altre aree economicamente avanzate del pianeta che aderiscono ai medesimi MECR di cui l’UE fa parte. Inoltre, collegare la violazione dei diritti umani a fattispecie di conflitti armati o a repressioni interne identificate da non meglio precisate relevant public international institutions può caricare di implicazioni politiche e geo-politiche uno strumento regolamentare che, per dispiegare appieno la sua efficacia, dovrebbe necessariamente esser mantenuto su riferimenti quantitativi piuttosto che qualitativi. Sul tema, tuttavia, si veda anche infra.
2. Architettura delle licenze UE
La proposta della Commissione di recast introduceva quattro nuove Union general export authorisations (Autorizzazioni Generali dell’Unione europea- AGEU) per facilitare ulteriormente gli scambi, garantendo al contempo un livello sufficiente di sicurezza attraverso solide misure di controllo (ad esempio attraverso la registrazione, la notifica e la comunicazione e l’auditing). Le quattro nuove AGEU originariamente previste erano:
- Spedizioni a basso valore;
- Altri beni a duplice uso;
- Trasmissione intra-aziendale di software e tecnologia;
- Crittografia
Il Mandato propone di eliminare le AGEU per “spedizioni a basso valore” e per “altri articoli a duplice uso”, mentre viene al contempo mantenuta la previsione di una “Autorizzazione per grandi progetti” (LPA), specificando che questa potrebbe rivestire la forma di licenza globale o individuale.
2.1. Autorizzazioni generali di esportazione dell’UE
La proposta della Commissione introduce – ed il Mandato richiama – una Autorizzazione Generale che mira a facilitare i trasferimenti di tecnologia a duplice uso (esclusi alcuni prodotti specifici, tra i quali ad esempio i sistemi ed apparecchiature appositamente progettati o modificati per la generazione, il comando o la consegna di software di intrusione) tra una società e le sue controllate; in particolare, la cosiddetta Autorizzazione Generale 007 (“AGEU 007”) è valida per l’esportazione di beni e tecnologie verso Argentina, Brasile, Cile, India, Indonesia, Israele, Giordania, Malesia, Marocco, Messico, Filippine, Singapore, Sudafrica, Corea del Sud, Tailandia, Tunisia e Vietnam.
L’AGEU 007 autorizza l’esportazione a qualsiasi società controllata dall’esportatore purché:
- i software e la tecnologia esportati vengano utilizzati dalle società controllate esclusivamente per attività di ricerca e sviluppo;
- i software e la tecnologia esportati non vengano condivisi con parti terze;
- i software e la tecnologia esportati verranno restituiti all’esportatore e completamente cancellati dalla controllata al termine dell’attività di sviluppo.
Commento
Non è chiara la filosofia adottata dal Consiglio nell’eliminare queste AGEU: se nella riformulazione delle problematiche relative alla tutela dei diritti umani, pare manifesta la volontà di non voler discriminare le imprese europee sul mercato internazionale e quindi lato sensu agevolare gli scambi, ci si chiede perché si sia scelto di rinunciare a questi strumenti di semplificazione. Alcune delle fattispecie di AGEU previste nel recast ed espunte nel Mandato sono utilizzate in modo anche più “disinvolto” in legislazioni di controllo all’export adottate da grandi partner della UE (si pensi alla License exceptions denominata Low Value Shipment – LVS nell’Export Administration Regulations statunitense, che dispensa direttamente l’operatore economico dal dover richiedere autorizzazione all’export). Le AGEU eliminate avrebbero ad ogni buon conto potuto giovare all’operatore economico unionale, alleggerendo i carichi burocratici senza depotenziare l’impianto di controllo.
Relativamente all’AGEU 007, si rileva che essa rappresenta un passo in avanti nella disciplina delle esportazioni di beni sensibili all’interno dei gruppi societari ed ha già suscitato l’interesse di operatori attivi in specifici settori quali quello della cyber-security.
3. Due diligence
La proposta della Commissione e i successivi emendamenti del Parlamento come recepiti nel recast imponevano agli operatori economici di implementare un processo di due diligence per confermare l’assenza di circostanze che facessero scattare controlli catch all su beni non ricompresi in All. I. Il dettato originariamente previsto era il seguente.
If an exporter, becomes aware while exercising due diligence that dual-use items not listed in Annex I which he or she proposes to export, may be intended, in their entirety or in part, for any of the uses referred to in paragraph 1, he or she must notify the competent authority of the Member State in which he or she is established or resident in, which will decide whether or not it is expedient to make the export concerned subject to authorisation.
Il Mandato espunge questo requisito.
Commento
L’eliminazione del vincolo di due diligence rappresenta un indebolimento nello spirito dei controlli; l’inconsapevolezza dell’operatore economico potrebbe artatamente celare fattispecie anche elusive, cui si sarebbe potuto porre un argine attraverso tale prescrizione.
4. Allineamento al CDU
Viene aggiornata la definizione di esportatore. Il recast ed il Mandato estendono il concetto di esportatore al fine di includere, in Art. 2.3:
any natural person carrying the goods to be exported where these goods are contained in the person’s personal baggage
Viene poi introdotta – coerentemente al CDU – la definizione di “dichiarazione sommaria di uscita” e di “dichiarazione di riesportazione”. Ancora, viene complessivamente riallineata la definizione di “esportatore” con quella resa nel Reg. (UE) 2015/2446 (d’ora in avanti, il “Regolamento delegato” del CDU). Quest’ultimo recita in Art. 1.19.
«esportatore»:
- il privato che trasporta le merci che devono uscire dal territorio doganale dell’Unione se tali merci sono contenute nei bagagli personali dello stesso;
- negli altri casi, quando a) non si applica:
- la persona stabilita nel territorio doganale dell’Unione che ha la facoltà di decidere e ha deciso che le merci devono uscire da tale territorio doganale;
- quando 3) non si applica, qualsiasi persona stabilita nel territorio doganale dell’Unione che è parte del contratto in virtù del quale le merci devono uscire da tale territorio doganale;
Viene inoltre ampliata la definizione di ri-esportazione, che include il caso in cui – durante un transito attraverso il territorio doganale dell’Unione – debba essere presentata una dichiarazione sommaria di uscita poiché la destinazione finale dei prodotti è stata modificata.
Commento
Pur apprezzando il ravvicinamento legislativo, le definizioni di “esportatore” rese nel Mandato e nel Regolamento delegato del CDU non sono coerenti e potrebbero portare a valutazioni divergenti, con tutte le conseguenze del caso. Sarebbe stato opportuno richiamare nel Mandato sic et simpliciter l’ Art. 1.19 del Regolamento delegato del CDU nella sua interezza, introducendo semmai a latere una definizione di trasferimenti intangibili – come peraltro fatto, mutatis mutandi, in merito alla definizione di “esportazione” che altro non fa che richiamare disposizioni del CDU, integrandole con le fattispecie di trasferimenti intangibili.
5. Embargo sugli armamenti
Il vigente Reg. (CE) 428/2009 dispone all’Art. 4.2 che:
- L’esportazione di prodotti a duplice uso non compresi nell’elenco di cui all’allegato I è subordinata ad un’autorizzazione anche nel caso in cui il paese acquirente o il paese di destinazione siano soggetti ad un embargo sugli armamenti imposto da una decisione o una posizione comune adottata dal Consiglio o con una decisione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) o ad un embargo sugli armamenti imposto da una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
La proposta di cui al Mandato si discosta dalla soprariportata puntuale formulazione, sottoponendo ad autorizzazione l’esportazione di prodotti duali non compresi in Allegato I qualora questi siano destinati:
for a military end-use if the purchasing country or country of destination is subject to an arms embargo […].
Il Mandato estende peraltro la definizione di “utilizzo finale militare”, specificando che esso include:
(i) incorporation into military items listed in the military list of Member States;
(ii) use of production, test or analytical equipment and components therefor, for the development, production or maintenance of military items listed in the abovementioned list; or
(iii) use of any unfinished products in a plant for the production of military items listed in the abovementioned list.
Commento
Andrebbero puntualmente definite le fonti normative titolate a imporre embarghi sugli armamenti la cui osservanza sia dovuta ai fini della proposta regolamentare.
6. Catch more
Il recast ed il Mandato ampliano il novero di “scopi militari”, aggiungendo un paragrafo al vigente Reg. (CE) 428/2009 che sottopone ad autorizzazione preventiva beni duali non compresi in Allegato I qualora questi possano essere destinati, in tutto o in parte:
(c) for use as parts or components of military items listed in the national military list that have been exported from the territory of a Member State without authorisation or in violation of an authorisation prescribed by national legislation of that Member State
Commento
Lascia perplessi l’introduzione di un requisito autorizzativo su beni duali (ai sensi dell’articolo 4) destinati ad essere utilizzati come parti e componenti di beni militari esportati da uno Stato membro senza autorizzazione o in violazione di autorizzazione, per due ordini di motivi:
- Non è chiaro come un’eventuale autorizzazione potrebbe andare a innescarsi su condotte illegali commesse da un operatore economico, a meno che non si intenda sanare nuove situazioni in cui – ad esempio – un operatore non precedentemente coinvolto nella transazione sia chiamato a fornire supporto ex post tramite fornitura di ricambi o simili.
- Per converso, una interpretazione letterale del comma porterebbe a ritenere non sottoposti a vincoli autorizzativi beni duali (ai sensi dell’articolo 4, quindi non listati in All. I) destinati ad essere utilizzati come parti e componenti di beni militari che siano stati esportati da uno Stato membro in ottemperanza alla rispettiva legislazione unionale / nazionale – andando quindi potenzialmente a confliggere con la lettera e lo spirito dell’Art. 4.1 del Regolamento dual-use (mantenuto anche nella proposta attuale di revisione).
7. Sicurezza pubblica e rispetto diritti dell’uomo
Ai sensi dell’art. 8, il Mandato conferma esplicitamente che gli Stati membri possono vietare o imporre un requisito di autorizzazione all’export di prodotti a duplice uso non elencati nell’allegato I (catch-all) per ragioni di sicurezza pubblica, che include il nuovo concetto di “prevenzione di atti di terrorismo”. Si tratta di un’aggiunta alla formulazione esistente ai sensi dell’art. 8 del Reg. (CE) 428/2009 e sembra rispecchiare la volontà del Consiglio che gli Stati membri siano più proattivi nell’uso degli elenchi nazionali.
Commento
Il concetto di atti di terrorismo si presenta sensibile per la grande criticità legata alla completa assenza di una sua definizione universalmente accettata. Lo stesso Consiglio Generale delle Nazioni Unite ha discusso per più di due decenni l’adozione di un Comprehensive Convention on International Terrorism, i cui negoziati sono attualmente in stallo non tanto per idiosincrasie nella definizione del termine “terrorismo” – quanto per una completa discordanza di vedute sull’eventuale applicabilità della richiamata fattispecie a forze armate di Paesi sovrani, e/o a movimenti di autodeterminazione.
Osserviamo inter alia come lo stesso tema si ripresenterebbe calando tale definizione all’interno della proposta regolamentare, che darebbe adito ad interpretazioni sostanzialmente “politiche” della normativa, con il concreto rischio di valutazioni divergenti all’interno della stessa UE e di shopping autorizzativo da parte di operatori economici in funzione di visioni geopolitiche alternativamente fatte proprie dagli Stati membri.
8. Ulteriori modifiche apportate dal Mandato
8.1 Periodo di validità delle Autorizzazioni
Il Mandato prevede che (i) le Autorizzazioni per grandi progetti abbiano una durata non superiore a quattro anni, tranne in circostanze debitamente giustificabili sulla base della durata del progetto e che (ii) le Autorizzazioni specifiche e le Autorizzazioni globali possano essere valide fino a due anni, salvo diversa decisione delle autorità nazionali.
8.2 Conservazione della documentazione
Il Mandato eleva il termine di conservazione dei registri e dei documenti afferenti alle singole operazioni di esportazione di beni dual-use da tre a cinque anni.
9. Commenti generali
Volendo analizzare il Mandato da una prospettiva più ampia, questo si mantiene sostanzialmente allineato rispetto all’attuale quadro normativo. Al di là dei tecnicismi, la politica unionale nei riguardi del duplice uso e dei correlati controlli permane vincolata ad un approccio prettamente customs-led (evidente persino nel titolo del Regolamento, che cita fattispecie a rilevanza doganale quali esportazione, transito) in cui, sostanzialmente, proprio l’espletamento delle formalità doganali rappresenta l’innesco dei meccanismi e delle procedure di controllo disciplinate normativamente.
Nonostante alcuni timidi spunti (vedere in proposito le considerazioni in merito alla “fornitura di assistenza tecnica”), manca completamente la volontà di introdurre controlli dinamici e origin-led – in grado di tener conto di flussi informativi e produttivi in maniera più ampia (similmente a quanto accade, ad esempio, negli USA) – che prefigurerebbero interessanti spunti di azione seppure in un contesto di tracimazione extraterritoriale della portata regolamentare. In estrema sintesi, possiamo affermare che il Mandato mira a mantenere il quadro normativo ancora in un ambito prettamente difensivo (prevenzione di attività illecite e proliferanti), piuttosto che offensivo (proiezione, promozione e protezione degli interessi strategici e dei valori dell’industria europea e delle scelte unionali in materia di politica e sicurezza internazionale).