CORPORATE SUSTAINABILITY DUE DILIGENCE: NOVITÀ IN GERMANIA IN ATTESA DELL’ANNUNCIATA DIRETTIVA UE

A partire dal 1° gennaio 2024 è stato ampliato l’ambito di applicazione del Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz, noto anche con la sigla “Act on Corporate Due Diligence in Supply Chains”, norma tedesca già pubblicata il 21 luglio 2021 che si applica ora a tutte le società, incluse le controllate tedesche di società italiane, con almeno 1000 (mille) dipendenti, mentre fino al 2023 tale limite era fissato a 3000 (tremila) dipendenti.

In particolare, il Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz prevede una serie di obblighi di diligenza in capo alle aziende cui si applica al fine di garantire la tutela dei diritti umani e dell’ambiente nella catena di approvvigionamento di tali società. Tra i diversi adempimenti previsti vi sono:

  • La creazione di un sistema di gestione dei rischi legati agli abusi dei diritti umani e al danneggiamento dell’ambiente.
  • L’individuazione di specifici soggetti responsabili.
  • La messa in atto di controlli regolari.
  • La previsione di misure di riparazione nonché di report interno su possibili malfunzionamenti del sistema di gestione dei rischi.
  • La documentazione di tutti i passaggi effettuati per la tutela dei diritti umani e dell’ambiente.

Le disposizioni del Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz, oltre a essere di particolare interesse per le società italiane che abbiano delle controllate in Germania, anticipa quello che potrebbe essere lo scenario all’ormai prossima entrata in vigore della nuova Direttive UE sulla “Corporate Suistainability Due Diligence”.

La Direttiva UE in materia, infatti, è da lungo oggetto della procedura legislativa unionale: già il 23 febbraio 2022 era stata presentata una proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio sulla base della quale è stato raggiunto, il 14 dicembre 2023, un accordo tra i negoziatori del Consiglio e quelli del Parlamento europeo. Ci si aspetta dunque che, a seguito dell’approvazione del Comitato per gli Affari Legali, del Parlamento europeo e del Consiglio nel loro complesso, tale Direttiva entri in vigore agli inizi del 2024.

Stando alla citata proposta, il cui contenuto è stato sostanzialmente confermato dal recente accordo del 14 dicembre 2023, come reso noto dal press release del Parlamento europeo, la futura Direttiva sulla “Corporate Sustainability Due Diligence” dovrebbe applicarsi alle società unionali che abbiano avuto, in media, più di 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio di bilancio, nonché alle società unionali che abbiano avuto, in media, più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 40 milioni nell’ultimo esercizio di bilancio qualora almeno il 50% di tale fatturato netto sia stato prodotto in uno o più dei seguenti settori:

  • Fabbricazione e commercio all’ingrosso di tessuti, abbigliamenti, pellami, calzature.
  • Agricoltura, silvicoltura, pesca (inclusa l’acquacoltura), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all’ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande.
  • Estrazione di risorse minerarie (tra cui petrolio, gas naturale, carbone, lignite, metalli, ecc.), fabbricazione di prodotti in metallo e commercio all’ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi.

Ai sensi della proposta di Direttiva, a tali entità verranno imposti una serie di obblighi di diligenza rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle loro attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività nella catena di valore svolte da soggetti con cui le stesse intrattengono un rapporto d’affari consolidato.

In particolare, la proposta di Direttiva prevede che le società obbligate:

  • Integrino il dovere di diligenza nelle loro politiche aziendali e predispongano una politica del dovere di diligenza.
  • Adottino misure adeguate per individuare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, effettivi o potenziali, causati dalle attività proprie, delle proprie filiazioni e, se l’impatto è collegato alla catena del valore cui partecipano, dai loro rapporti d’affari consolidati.
  • Adottino misure adeguate per prevenire i potenziali impatti negativi su diritti umani e ambiente che sono stati o che avrebbero dovuti essere individuati o, qualora la prevenzione non sia possibile, per attutirli sufficientemente.
  • Adottino misure adeguate per arrestare gli impatti negativi effettivi che sono stati individuati o avrebbero dovuto essere individuati.

Oltre a prevedere tali obblighi, la proposta di Direttiva prevede anche che le società obbligate costituiscano un apposito sistema per ricevere reclami in merito a legittimi timori relativi agli impatti negativi su diritti umani e ambiente. Inoltre, la proposta di Direttiva prevede anche che gli Stati membri dell’UE a che le società cui la stessa si applica si dotino di una strategia aziendale e un modello di business compatibili con la transizione a un’economia sostenibile e la limitazione del riscalamento globale a 1,5°C secondo l’accordo di Parigi.

La proposta di Direttiva, inoltre, si preoccupa sia di fornire aiuti alle società colpite dagli obblighi sopra elencati, sia di istituire appositi organi per la vigilanza sul rispetto di tali obblighi e sull’irrogazione di eventuali sanzioni.

Per quel che concerne gli aiuti, la Commissione ha proposto di introdurre l’obbligo, per gli Stati membri dell’UE, di allestire e gestire siti web, piattaforme o portali dedicati a fornire informazioni utili sia alle società obbligate, sia ai loro partner con cui intrattengono un rapporto consolidato. Allo stesso tempo, salvo quanto previsto in materia di aiuti di Stato, la Commissione ha proposto che sia prevista la possibilità di erogare sostegno finanziario alle PMI.

Con riferimento, invece, ai controlli e alle sanzioni, la proposta di Direttiva prevede che ciascuno Stato designi una o più autorità di controllo, incaricate di vigilare al rispetto degli obblighi di diligenza e dotate di poteri di ispezione anche d’ufficio. Inoltre, è stato proposto di introdurre la possibilità per le persone fisiche e giuridiche di inviare delle c.d. “segnalazioni circostanziate” all’autorità di controllo ove vi sia il concreto sospetto che una società non stia rispettando il proprio obbligo di diligenza.

Allo stesso tempo, la Commissione aveva proposto, nel febbraio 2022, che le sanzioni per la violazione degli obblighi di diligenza fossero stabilite nel dettaglio dagli Stati membri, semplicemente indicando che le eventuali sanzioni pecuniarie si dovessero basare sul fatturato della società. Alla luce dell’accordo di cui al citato press release tra Parlamento europeo e Consiglio del 14 dicembre 2023, in particolare, sembrerebbe che le autorità unionali vogliano optare per sanzioni pecuniarie fino al 5% del fatturato netto globale delle società inadempienti.

Inoltre, nella proposta di Direttiva si sottolinea la necessità di introdurre disposizioni adeguate negli Stati membri affinché possa determinarsi una responsabilità civile in capo alle società obbligate per i danni causati da impatti negativi sui diritti umani e/o sull’ambiente che, a fronte di un mancato rispetto degli obblighi di diligenza, non sono stati prevenuti, impediti o attenuati.

Infine, nell’accordo del 14 dicembre 2023 sembra che Parlamento europeo e Consiglio vogliano anche includere il rispetto degli obblighi di diligenza tra i criteri di valutazione per l’assegnazione di appalti pubblici.

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