KEY POINTS CONCLUSIVI DI STATI GENERALI INTERNATIONAL TRADE COMPLIANCE

A distanza di una settimana, a grande richiesta per chi c’era e chi non ha potuto esserci, i key points della seconda giornata del convegno STATI GENERALI INTERNATIONAL TRADE COMPLIANCE. 

Durante la seconda giornata del Convegno abbiamo sviscerato due temi cruciali: la supply chain globale e l’enforcement delle normative restrittive degli scambi internazionali. Perchè tanta attenzione? Sono tematiche strategiche per le aziende e per gli operatori economici che sono chiamati ad interpretare il contesto geopolitico e normativo per derivarne regole di comportamento e scelte operative che poi plasmeranno per gli anni a venire la loro attività. Pensiamo solo alla scelta di abbandono o meno delle attività in Russia che molti hanno dovuto compiere in questi due anni.

Weaponisation of International Trade
“Fino a poco tempo fa, le norme di export control derivavano da valori condivisi dalla comunità internazionale e trovavano origine nei sistemi di controllo multilaterale per poi essere rifusi nella normativa unionale. Per definizione universali e permanenti. – ha illustrato Marco Padovan – Le sanzioni economiche, invece, si sosteneva che per loro natura fossero episodiche e temporanee, rispondendo ad una crisi temporanea nell’ordine internazionale. Oggi non è più così: il forum multilaterale di fatto è ingessato e le sanzioni rispondono ad una crisi sì apparentemente (e sperabilmente) temporanea come ad esempio l’invasione della Crimea prima e dell’Ucraina intera poi, ma sono in realtà espressione di una rivalità sistemica di lungo periodo tra due blocchi di alleanze o di sfere di influenza contrapposte: USA e Cina”.
Il commercio internazionale come tale e le sue regole sono anche diventati “un’arma” con cui combattere guerre non direttamente guerreggiate. Weaponisation of International Trade. Basti vedere quanto accade con i 13 pacchetti di sanzioni contro la Russia.

I sistemi valoriali “occidentali”
Ma non c’è solo l’esigenza geopolitica a motivare il cambiamento delle regole. Ci sono anche i sistemi valoriali essenziali della nostra comunità di stati, quella che definiamo “occidentale” più per abitudine atlantica eurocentrica che per reale collocazione geografica (Australia, Sud Corea, Nuova Zelanda e Giappone sono tutto fuorché ad occidente dell’Europa). La supply chain deve anche tener conto delle altre esigenze che i valori fondanti del mondo “occidentale” prevedono: per entrare nel mercato UE è necessario dimostrare con la due diligence che si sono rispettati i nostri valori etici: tutela dell’ambiente e dei diritti umani (Carbon Border Adjustement Merchanism, regolamento sulla deforestazione, tutela del lavoro minorile, conflict minerals, ecc.).
Già nel 2014 al tempo dell’invasione della Crimea gli Stati like-minded avevano mostrato quella solidarietà “regionale (non geografica) di valori” che oggi è chiaramente al centro del dibattito.
In questo contesto si inserisce anche l’eredità del COVID, con la lezione appresa sulle catene di fornitura che una pandemia può far saltare, con gli errori della monofornitura (Cina quale fabbrica del mondo che crea una dipendenza insostenibile e che ci espone alla coercizione economica – su cui il recente regolamento 2675 del 22 novembre scorso – e la Russia come principale rubinetto del gas) con i rischi derivanti da catene di trasporto da testare e da regole internazionali non precise.
In un mondo dove l’Iran potrà avere la bomba atomica in poco tempo [secondo l’opinione di esperti quali Institute for Scienze and International Security di Washington DC] e pare non sia più possibile fermarlo e 18 stati, alcuni dei quali Ghana, Nigeria, Algeria, Ruanda, Zambia e Kenya, hanno intenzione, molti di loro con il supporto di Rosatom e di industrie cinesi, di lavorare al loro primo reattore nucleare, nel corso di questi anni, il tema del controllo della proliferazione diventa cruciale.

Cooperazione e condivisione di informazioni a livello internazionale e tra autorità/settore privato

Nella sessione dedicata a “L’enforcement e il coordinamento tra le autorità europee” è emersa la necessità di un adeguamento a livello internazionale e nazionale dei canali di cooperazione istituzionale e condivisione di intelligence, delle risorse dell’enforcement, con maggiori fondi, personale specializzato e apparato amministrativo.

“L’enforcement è complicato dalla molteplicità di agenzie: nella sola UE sono almeno 180 a occuparsi di identificare e reprimere le violazioni delle sanzioni. – ha dichiarato il generale di corpo d’armata della Guardia di Finanza, Michele Carbone, direttore della Direzione Investigativa Antimafia – E’ necessaria la collaborazione e la condivisione di informazioni a livello europeo e internazionale tra like-minded”.
Fondamentale risulta anche la cooperazione tra le autorità e il settore privato in via reciproca: da un lato, è necessaria la cooperazione attiva degli operatori economici per consentire alle autorità di verificare l’applicazione delle misure restrittive laddove da sole ancora non riescono ad arrivare; dall’altro, il confronto e la guida delle autorità appare imprescindibile per orientare le scelte di business e l’azione degli operatori verso la conformità alle norme in materia di sanzioni economiche e International Trade Control.

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